S. Maria della Neve
La chiesa denominata inizialmente “Madonna della Rosa” e posta nella contrada del Tinazzo, annessa all’omonimo parco, venne successivamente rinominata Beata vergine del Tinazzo, ma oggi ci si riferisce ad essa anche con S. Maria della Neve. Il piccolo oratorio campestre sorse nel 1510 per volontà testamentaria del conte Jacopo Covi.
L’ampliamento della chiesa avvenne nel 1519-1520. L’attuale facciata presenta un’impostazione a capanna, impaginata da due massicce lesene con solidi contrafforti di spigolo con funzione sia portante sia decorativa, nella quale si apre un portale a tutto sesto con sguancio a tre cordonature in laterizio con sovrapposto un gocciolatoio. Sopra l’occhio anziché un rosone si trova un riquadro rettangolare leggermente incassato nella muratura, e ospita un affresco di madonna col bambino più volte rinnovato nel corso dei secoli. Il pavimento completa quello preesistente con piastrelle rettangolari in laterizio disposte a giunti alternati.
L’interno a sala è composto da due vani quadrati coperti con volta ad ombrello, divisi da un arco. In fondo una parete con due porticine laterali e un ampio arco centrale separa l’aula dalla zona absidale. Attraverso l’apertura centrale si può vedere l’abside affrescata col Padre Eterno in mandorla e, sotto, la Madonna col Bambino e santi. In generale tutta la chiesa è decorata con affreschi a carattere votivo databile attorno al 1520. Si tratta per la maggiore di Madonne con Bambino o santi della tradizione popolare: ex voto, sui quali i devoti di Soncino annotarono il proprio nome e la data della promessa per richiedere una grazia particolare.
Al momento l’intera struttura non è accessibile.
Coevo alla chiesa è il “viridarium”, ossia il giardino originario del XVI secolo, che solo nel ‘700, assunse la fisionomia di un parco vero e proprio, con l’introduzione di essenze estranee alla tradizione locale, esotiche e ricercati innesti: accanto alle piante autoctone del cremasco come la farnia, l’acero, il corniolo e il biancospino vennero introdotte essenze non spontanee come il faggio e il tasso o esotiche come il glicine, la magnolia e l’ippocastano.
Nell’Ottocento poi il parco assunse uno spiccato aspetto romantico con la costruzione del castelletto come casino di caccia, in stile neogotico con torretta di avvistamento, forse per gli uccelli di passo, e grotta sotterranea con laghetto popolato di pesci.
Fotografie per gentile concessione dell’Amministrazione Comunale di Soncino e realizzate da Francesco Premoli
Informazioni
Strada Provinciale 39
Soncino (CR)
Al momento la struttura e il parco annesso non sono accessibili