Tradizione organaria

La lunga tradizione degli organari cremaschi

L’anima armonica e musicale di Crema è raccontate dalle proprie tradizioni artigiane che si tramando di generazione in generazione e custodiscono i segreti del saper fare artigianale fino ai nostri giorni. L’arte e tradizione organaria convive con l’antica arte di fondere le campane. Ancor oggi Crema è da lungo tempo sede di laboratori artigiani che producono e restaurano organi e costruiscono canne d’organo per i più conosciuti organari con realizzazioni in tutto il mondo.

La volontà di valorizzare e promuovere questo patrimonio ha spinto il Museo Civico di Crema e del Cremasco ad allestire una sezione apposita, al fine di mostrare attitudini della città in questo particolare settore dell’artigianato artistico.

La più antica testimonianza della presenza di organi sul nostro territorio risale al 1465, anno in cui venne restaurato l’organo della Chiesa Maggiore che oggi è la Cattedrale di Santa Maria Assunta. In questa stessa chiesa, nel 1489 si decise di ricostruire l’organo introducendo un’importante innovazione: la suddivisione delle canne in registri. L’incarico venne conferito a Bartolomeo da Brescia, il capostipite della celebre famiglia Antegnati, per cento lire imperiali.
Dopo questo intervento l’organo rimase in funzione per circa 30 anni, ma nel 1519 venne commissionata la costruzione di un nuovo organo a un certo Messer Battista artigiano, identificabile con buona probabilità con l’organaro bresciano Giovanni Battista Facchetti (1475 ca. – dopo il 1555) figura di primo piano nella storia organaria rinascimentale, che completerà il lavoro nel 1523.  Nello stesso anno lo strumento venne ornato con intagli, dorature e pitture a opera del maggior pittore locale, Vincenzo Civerchio di cui tuttora sopravvivono le portelle dipinte per chiudere l’organo.
Nel 1525 inoltre si formulò la richiesta di aggiungere all’organo i registri di “tromboni, pifferi e cornamuse”. Questa resterà la più antica testimonianza nella storia organaria italiana della presenza di registri ad ancia.

Nel XVII secolo la tradizione organaria è caratterizzata dall’attività di un’altra celebre famiglia lombarda: i Serassi di Bergamo. Nel cremasco, in particolare Giuseppe I (1693-1760), Andrea Luigi (1725-1799) e Giuseppe II (1750-1817), essi posero il più grande numero di strumenti dopo il territorio bergamasco da cui provenivano.
Nel XIX secolo il patrimonio organario venutosi a creare necessitava di essere mantenuto in efficienza con una costante opera di manutenzione, da questa esigenza sorsero le prime imprese locali.

Nel 1850 Giuseppe Franceschini fonda a Crema la propria bottega. Presso la bottega Franceschini apprese i rudimenti dell’arte organaria Pacifico Inzoli (1843-1910), figura di grande importanza per lo sviluppo della tradizione organaria cremasca. Dopo l’apprendistato presso i Cavalli di Lodi e i Fratelli Lingiardi di Pavia, nel 1864 Inzoli avviò quella che sarebbe diventata la più importante fabbrica d’organi locali. A partire dagli anni ’90 Inzoli elabora un nuovo tipo di strumento dove i registri non sono divisi in Bassi e Soprani, ma percorrono l’intera estensione della tastiera, con due tastiere e la pedaliera a 27 note reali importata dall’estero.

Nella fabbrica del cavalier Pacifico Inzoli si formeranno valenti artigiani che avrebbero poi avviato altre botteghe autonome: Benzi, Riboli, Nicolini e soprattutto Giovanni Tamburini.
Agostino Benzi (1872-1959) iniziò la propria attività partire dal 1905 lavorando insieme a Giuseppe Franceschini, ottimo accordatore, con il quale costituì la fabbrica d’organi Benzi e Franceschini. Le loro opere si possono apprezzare per la buona fattura e la qualità artigianale dei manufatti. I loro strumenti sono tutti a trasmissione pneumatica tubolare dotati di somieri a pistoni. Nel pieno della notorietà la ditta cambia sede nel 1925 e qualche anno dopo diventa “Ditta Benzi & Figli”. Dopo la guerra l’eredità passò ai figli a cui si deve l’organo della chiesa del Sacro Cuore di Crema Nuova.
Giovanni Riboli si fece apprezzare soprattutto per la capacità di restaurare alla perfezione organi antichi, anche quando erano ritenuti irrecuperabili da altri organari. Riboli dette prova di queste capacità anche con il restauro dell’organo di Monte Cremasco. Egli costruì anche organi nuovi, nessuno in territorio cremasco, per cui ricevette ampi consensi.
La ditta di Andrea Nicolini (1891-1963) fu attiva nel territorio costruendo alcuni organi di pregevole fattura quali l’organo della chiesa parrocchiale di Rubbiano e di Santo Stefano in Vairano e il rifacimento di alcuni organi storici come il Serassi della chiesa parrocchiale di San Michele. Egli è un’esimia figura di organaro, anche se la rinomata ditta non ha trovato qualcuno che ne continuasse la buona fama acquisita dal fondatore.

La più importante fabbrica d’organi del secolo scorso, rinomata sia in Italia che all’estero, fu quella fondata da Giovanni Tamburini (1857-1942) nel 1903. La produzione della ditta ebbe modo di esprimersi con la costruzione di organi monumentali per sedi prestigiose arrivando a avere intorno agli anni ’60 circa un centinaio di dipendenti. La ditta fu tra le prime in Italia a riscoprire e valorizzare la trasmissione meccanica e il ritorno a sonorità ispirate agli organi storici dei quali venivano compiuti i primi restauri. Costruendo importanti realizzazioni secondo questi nuovi ideali musicali: Santa Maria dei Servi a Bologna, l’ex sala dei concerti dell’Istituto Musicale Folcioni a Crema e il conservatorio di Piacenza.

Anche la Ditta Inzoli rimane tutt’ora operativa: il testimone è passato alla famiglia Bonizzi che rilevò l’attività negli anni ’70. Questa azienda ha realizzato strumenti nuovi sia a trasmissione elettrica che meccanica ed intrapreso a partire dagli anni ’80 un’importante campagna di restauro sugli organi storici.

A loro si devono l’organo per il Santuario di Nostra Signora della Guardia in Genova-Bolzaneto (GE), quello per la Chiesa Santa Maria Assunta in Ombriano di Crema (CR), per la Chiesa S.Biagio in Izano (CR), per la Chiesa S.Carlo in Crema (CR) e per la Cattedrale S.Pietro in Frascati (RM).

I cannifonisti cremaschi

Parallelamente alle botteghe organare trova grande sviluppo nel territorio anche l’attività dei cannifonisti cremaschi che forniscono le canne degli organi a importanti ditte sia in Italia che all’estero: Riboldi, Bergamaschi, Scotti e Denti.
La ditta Scotti vanta una lunga tradizione iniziata 1880 quando il signor Achille Scotti, in precedenza dipendente presso una prestigiosa fabbrica d’organi in Crema, aprì, nella stessa città, un esercizio sotto proprio nome come lattoneria atta alla produzione di lamine metalliche e canne per organi. La figura di Achille, forse in accordo al nome stesso, veniva tramandata dai suoi successori come una figura mitica. I posteri ricordano ancora oggi quanto fosse geloso della formula del suo tigrato arrivando al punto, quasi come un antico alchimista, di barricarsi da solo in laboratorio al momento della fusione per poi tastare con il dito direttamente nel crogiuolo, la buona riuscita della lega.

Era tanto attento al suo lavoro e meticoloso al punto da calarsi con una fune all’interno della canna più grande della facciata dell’organo del Duomo di Cremona per controllare la perfezione delle saldature. Achille fu titolare della ditta fino al 23 marzo 1927 quando l’azienda passò al figlio Oreste introdotto al mestiere già in giovane età. Lo stesso Oreste iniziò da subito i figli Giuseppe e Bruno nell’attività di famiglia e diede prestigio all’impresa trasformandola da lattoneria a “bottega artigiana per la costruzione di canne per organo”. Trasferì l’azienda in una sede più grande sempre a Crema. Durante il secondo conflitto mondiale l’attività di famiglia fu costretta a interrompersi; è in questi stessi anni che i figli Giuseppe e Bruno decisero di raffinare la loro tecnica costruttiva recandosi settimanalmente, in bicicletta, a Milano presso la prestigiosa ditta costruttrice d’organi Balbiani dove Giuseppe divenne capo del reparto addetto alla costruzione delle canne in metallo. In questi stessi anni Giuseppe decise di aggiornare e perfezionare ulteriormente la sua capacità costruttiva recandosi per uno stage lavorativo presso un’importante casa organaria in Svizzera dove apprese la costruzione di nuovi registri di stampo nordeuropeo cosiddetti “Mixture, Cymbale e Scharf” all’epoca poco conosciuti in Italia ma comunque richiesti da clienti esteri. Attualmente l’attività è portata avanti dal figlio Luca, con tanta passione, fiero di essere il quarto rappresentante di una dinastia di cannifonisti.