Chiacchiere e tortelli

A Ferragosto, e per circa una settimana, la Piazza Aldo Moro nel pieno centro di Crema si trasforma in un’enorme e affollata tavolata, allietata ogni sera da orchestre e complessi musicali diversi. Dalle regioni vicine e perfino dall’estero (tedeschi e inglesi sono i più entesiasti estimatori) accorrono turisti, buongustai e curiosi per assaggiare il fiore all’occhiello della cucina cremasca: i tortelli dolci.

Dati alla mano si è calcolato che, in occasione della sagra di Chicchiere e Tortelli, si cucinano e si distribuiscono più di trenta quintali di tortelli per undicimila coperti, il resto viene ritirato e consumato ad asporto. Allo stesso tempo anche la vendita del prodotto crudo tocca picchi sorprendenti, tali da soddisfare l’appetito di quasi centomila persone. Una caratteristica di questo primo piatto, che nella tradizione culinaria cremasca precedeva lo stufato d’asino, la polentina con l’oca e tutta la variegata gamma dei formaggi, è quello di suscitare un immediato apprezzamento: un amore al primo ‘assaggio’.

La ricetta dei tortelli cremaschi si perde nella notte dei secoli passati. Come e quando siano stati inventati resta ancor oggi ignoto.

Nessuno è riuscito a svelarne la controversa origine e si possono solo formulare delle ipotesi. Fra i sostenitori della derivazione dalla cucina ‘aristocratica’ e quelli che invece scommetterebbero su una loro tradizione ‘plebea’, suggestiva appare la tesi di chi, rifacendosi ai disparati ingredienti che compongono il ripieno dei tortelli, parla di un impasto di ‘fine stagione’, una specie di ‘saldo’ alimentare realizzato impiegando tutti gli avanzi rimasti nella màdia prima di procedere al rinnovo delle provviste. 

Al riguardo, comunque, le fonti documentarie tacciono, a riprova di un inizio decisamente in sordina.

Dapprima patrimonio gastronomico esclusivamente familiare, in questi ultimi tempi i tortelli si sono sempre più affermati come portata da ristorante, riscuotendo successo anche presso il grande pubblico. Maestri pastai (come la famiglia Salvi) si sono tramandati di padre in figlio i dosaggi e gli ingredienti dell’appetitoso piatto, ma è anche vanto di ogni massaia cremasca che si rispetti saperli preparare personalmente.

La tortellata è un’ottima occasione per assaporare alcuni formaggi tipici cremaschi, fra i quali un posto d’onore spetta al Salva, che comunque ha una sua apposita festa l’8 dicembre. Alcuni affinatori e produttori di questo formaggio discendono da quei malghesi bergamaschi che, ancora intorno alla seconda metà dell’Ottocento, portavano in transumanza le loro mucche a svernare nella pianura cremasca. Dopo aver pascolato e ruminato le copiose erbe dei maggesi, le mucche producevano quantitativi di latte eccedenti il fabbisogno. Esisteva allora il problema di come utilizzare in modo proficuo tale abbondanza. Queste scorte di latte venivano opportunamente ‘salvate’ attraverso la preparazione del caratteristico formaggio dal colore paglierino. Il suo consumo avveniva dopo tre o quattro mesi, quando la produzione agricola con l’avvento della cattiva stagione calava fino a cessare e si accrescevano così i bisogni alimentari.

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Informazione

Piazza Aldo Moro

Ingresso libero