Santissima Trinità

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Il Rococò nel cuore della città

Una chiesa dedicata alla Santissima Trinità è attestata nei documenti per la prima volta nel 1095 come appartenente all’ordine dei monaci benedettini-cluniacensi.

L’edificio fu distrutto nel 1160 durante l’occupazione di Crema da parte dell’imperatore Federico Barbarossa che, solo nel 1185, consentì la ricostruzione dell’abitato e della chiesa stessa. L’edificio sacro fu terminato nel 1199 a opera della comunità degli Umiliati.

Nel 1479 il tempio fu nuovamente demolito per lasciar spazio a una nuova costruzione più ampia adeguata all’aumento della popolazione e all’accresciuta dignità della chiesa che, negli anni precedenti, aveva ricevuto il beneficio parrocchiale della vicina chiesa di San Sepolcro. Il terzo edificio fu completato nel 1486.

L’attuale chiesa, voluta e finanziata dal Consorzio del Santissimo Sacramento, fu costruita a partire dal 1737 sotto le direttive del capomastro Andrea Nono, cui è stata frequentemente riferita anche l’ideazione del progetto pur in mancanza di una documentazione sicura (di recente si è fatto anche il nome di Guido Antonio Longhi di Viggiù, in base ad analogie stilistiche con altre sue opere).

Lodovico Calini, vescovo di Crema, consacrò l’edificio il 25 settembre 1740, nonostante i lavori non fossero ancora ultimati. Il campanile fu concluso sei mesi dopo.

La chiesa si erge incastonata tra gli edifici limitrofi e, nonostante lo spazio stretto, emerge in tutto il suo fasto grazie allo slancio verticale.

La Santissima Trinità – chiamata dai Cremaschi ‘Santa Trinita’, senza l’accento – è un bell’esempio di costruzione Rococò caratterizzata dalla presenza di due facciate raccordate da un angolo smussato che dà il senso della continuità. Secondo l’orientamento liturgico dell’edificio la principale è quella occidentale, prospiciente il vicoletto, mentre quella meridionale ha una funzione decorativa e urbanistica, data l’importanza della via su cui affaccia.

Gli stucchi con forme di volute e arabeschi, le nicchie e i cartigli arricchiscono le due facciate divise verticalmente in tre parti da lesene con bellissimi capitelli a foglie d’acanto.

Nella parte alta della facciata meridionale si trova il simbolo della Trinità: un triangolo con al centro l’occhio di Dio contemplato da volti di angeli in adorazione. Il campanile, che dà slancio all’intera struttura, culmina nella statua rotante in rame del Redentore che indica la direzione del vento.

All’interno la chiesa presenta un’unica navata su cui affacciano cappelle laterali ed è elegantemente decorata in stile Rococò.

La volta della navata è divisa in campate da archi finemente decorati con stucchi dorati e colori tenui che variano dal rosa all’azzurro. Ogni campata è abbellita inoltre da un medaglione, opera di Giuseppe Gru (Verona, 1715 – 1775), con episodi dell’Antico Testamento: Rebecca al pozzo, la Scala di Giacobbe e Mosè salvato dalle acque.

Ciò che più colpisce entrando, oltre la ricchezza decorativa, è lo spazio dell’abside ornato da un meraviglioso affresco illusionistico opera di Fabrizio Galliari (Andorno Micca, 1709 – Treviglio, 1790) e Francesco Savanni (Brescia, 1723-1772). Il piatto muro del presbiterio si trasforma in una finta abside al centro della quale spicca la rappresentazione della Santissima Trinità sovrastata da una scenografica cupola in prospettiva. Il dipinto permette di dilatare lo spazio reale piuttosto angusto. Sulle pareti laterali del presbiterio si trovano due grandi scene dello stesso Savanni rappresentanti il Battesimo di Cristo e la Trasfigurazione.

Sulla sinistra si incontra la cappella dedicata a san Francesco Saverio abbellita da una pala d’altare opera del pittore emiliano Giuseppe Peroni (Parma, 1710-1776) rappresentante la Madonna con il Bambino che appare a san Francesco Saverio. Le due pale laterali sono di mano di Giovanni Brunelli (Verona, 1644/46 – Crema, 1722) e si ispirano ai miracoli del santo in cui resuscita una defunta e libera un’ossessa.

Proseguendo si incontra l’altare dedicato alla Madonna del Carmine, rappresentata nella statua nella nicchia a opera dello scultore Gordiano Sanzio, del pittore Fumagalli e dell’indoratore Pietro Mora.

La terza cappella sulla sinistra è intitolata a san Francesco di Paola e san Teodoro. L’ancona principale raffigurante San Francesco di Paola è opera del pittore dalmata Federico Bencovich (Almissa, 1677 – Gorizia, 1753), sotto l’altare si conservano le reliquie di san Teodoro.

Sul lato opposto, superato il presbiterio, troverete la cappella della Natività nella quale spicca per la notevole importanza la pala della Natività e santi opera del pittore lodigiano Callisto Piazza (Lodi, 1500 circa – 1561) datata 1538. Va notato inoltre il dipinto con l’Arcangelo Gabriele di Tommaso Pombioli (Crema, 1576 – 1636 circa) sulla parete sinistra della cappella.

Lo spazio del successivo altare è in realtà occupato dalla porta laterale sovrastata dall’organo. La storia dello strumento è da far risalire al 1740, quando la famiglia Serassi realizzò l’organo della chiesa, successivamente più volte rifatto e rimaneggiato da parte dei fratelli Cerasi fino al rifacimento di inizio ‘900 eseguito dalla ditta Benzi-Franceschini. La magnifica cantoria che accoglie lo strumento è opera dei Caniana di Bergamo ed è riccamente decorata con putti, lesene, volute, foglie e fiori in un tripudio di intagli, stucchi e dorature.

L’ultima cappella, o meglio la prima partendo da destra, è dedicata al Santo Sepolcro. Qui l’opera principale rappresentante la Deposizione di Cristo nel sepolcro fu realizzata da Pompeo Batoni (Lucca, 1708 – Roma, 1787), mentre ai lati si conservano due tele di autore ignoto. Sopra, due putti in stucco, reggono la Veronica, cioè l’immagine del volto di Gesù rimasto impresso su un panno prestatogli da una pia donna durante la salita al Calvario.

Vi invitiamo a concludere la visita alzando lo sguardo sopra l’ingresso principale dove si conserva il monumento funebre del condottiero Bartolino da Terni, opera di Lorenzo Bregno (Osteno, 1475/1485 circa – Venezia, 1523) datata 1518, unico elemento, con anche l’acquasantiera, ad appartenere al precedente edificio rinascimentale. Si tratta del più importante esempio di scultura rinascimentale in marmo presente nel territorio cremasco. Bartolino fu un celebre condottiero che durante la guerra tra veneziani e milanesi si distinse per aver difeso Crema dall’attacco degli sforzeschi.

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