SS. Maria e Sigismondo

La parrocchiale di Rivolta d’Adda è dedicata a Santa Maria Assunta e a San Sigismondo. Durante il medioevo la chiesa faceva capo alla pieve di Arzago d’Adda. Salvo brevi periodi in cui dipese direttamente dalla Santa Sede, è sempre appartenuta alla diocesi di Cremona.

La prima menzione documentaria dell’esistenza di una chiesa dedicata a San Sigismondo a Rivolta d’Adda risale al 1105. Di grande importanza è la bolla del 1144 con cui papa Lucio II (regnante dal 1144 al 1145) conferma alla chiesa della Madre di Dio e di San Sigismondo i privilegi – dipendenza diretta dalla Santa Sede – concessi dai suoi predecessori Urbano II (regnante dal 1088 al 1099), Pasquale II (1099-1118), Callisto II (1130-1143) e Celestino II (1143-1144). Gli studiosi hanno a lungo dibattuto se la chiesa romanica oggi esistente sia quella oggetto di privilegi alla fine dell’XI secolo, oppure se si tratti di una ricostruzione successiva riferibile 1120-1140 circa. Le ricerche più recenti sembrano avvalorare l’ipotesi di una costruzione più recente. 

Fra il 1902 e il 1906 la chiesa fu sottoposta a un radicale intervento di restauro diretto dall’architetto Cesare Nava (Milano, 1861-1933) volto a eliminare tutti gli elementi non romanici che erano stati aggiunti nel corso dei secoli. All’interno il tagliapietre Giuseppe Verischi di Cassano d’Adda provvide a rifare in stile molti dei capitelli scolpiti e dei fregi delle absidi. Nel 1905-06 fu aggiunto il portico antistante la fronte, previsto dal progetto medievale, ma mai realizzato.

La facciata a capanna prevedeva in origine un unico ingresso centrale, quelli laterali furono aperti nel XVIII secolo. I fregi dei tre portali furono realizzati nel 1905-06 in stile neoromanico. I dipinti raffiguranti San Paolo, Cristo e San Domenico, sopra i portali, sono opera di Giovanni Sottocornola (Milano, 1855-1917). Accanto al portale di sinistra è ritratto Domenico Celesia che finanziò la costruzione del pronao. 

La parte meglio conservata dell’esterno sono le absidi con finestre strombate, paraste cordonate, archetti pensili e tetto a ventaglio. 

La torre campanaria è collocata a nord-est dell’edificio. Nel 1716 fu sopraelevata fino a raggiungere l’altezza attuale di 45 metri.

L’interno è diviso in tre navate terminanti con altrettante absidi. La navata maggiore è ripartita in tre campate, le prime due coperte da volte a crociera, la terza da una copertura a botte sorretta da un arcone centrale. Le navate laterali sono divise in sei campate coperte da volte a crociera.

Sebbene ampiamente integrati dai rifacimenti novecenteschi, rivestono grande interesse i fregi scolpiti delle absidi e i capitelli. 

Nell’arco maggiore dell’abside, diviso in tre fasce con motivi decorativi a treccia e vegetali, si trovano: draghi, centauri, agnelli, capre, buoi, leoni, cinghiali, pellicani, colombe, uomini, cavalieri e domatori di cavalli convergono e tributano onore all’Agnello ucciso sormontato dalla croce, cinto dal simbolico circolo e sostenuto da angeli. Questo fregio, come il resto delle sculture, in origine erano colorati. 

I capitelli sono decorati con motivi vegetali al cui interno si trovano uomini, animali e creature fantastiche come le sirene.

Con il restauro di inizio Novecento sono emerse numerose pitture murali sulle pareti e sui pilastri, databili fra il Due e il Quattrocento. Sulla controfacciata sono rappresentati, a destra Sant’Antonio abate e a sinistra un Santo benedicente con veste rossa e un libro in mano. Sui pilastri ci sono vari Santi e vescovi, non sempre riconoscibili. 

Nel catino dell’abside della navatella destra vi è l’immagine del Cristo Pantocratore seduto in trono e circondato dalla mistica mandorla, ai quattro lati della quale compaiono i simboli degli Evangelisti. A sinistra si trovano una Santa inginocchiata e San Pietro. Dall’altro lato si riconoscono San Giovanni battista e San Paolo.

Nella parte bassa dell’abside maggiore, dietro all’altare settecentesco in marmi policromi, partendo da sinistra sono stati affrescati: San Francesco d’Assisi e un altro Santo domenicano che tiene nella mano destra un libro e in quella sinistra un giglio fiorito. Ai lati dell’antico tabernacolo si trovano due Angeli quattrocenteschi. La parte centrale è occupata dall’Ultima Cena databile fra la fine del XIII secolo e l’inizio del XIV. A destra si trovano raffinati dipinti tardogotici raffiguranti San Pancrazio, San Giovanni Battista, la Madonna del latte, Sant’Andrea, San Leonardo e San Sigismondo.

Nell’abside della natatella sinistra è raffigurato Cristo Giudice. In basso a destra sono dipinte figure di beati e di reietti, a destra Maria Vergine e a sinistra San Giuseppe.  Sotto il catino a sinistra vi è l’immagine di una Santa in abito monacale e di fronte San Martino nell’atto di tagliare a metà il mantello da donare al mendicante.

Terminati i lavori di restauro, nel 1903, il pittore Ernesto Rusca (Viggiù, 1864 – Genova, 1947) ricevette l’incarico di affrescare le pareti e l’abside maggiore realizzando una sintesi della storia della Chiesa. L’Antico Testamento è rappresentato dai quattro profeti maggiori: Daniele, Ezechiele, Isaia e Geremia dipinti sulle pareti della navata centrale. Le volte a crociera delle navate sono decorate con soli raggiati. Nella volta a botte sopra il presbiterio sono raffigurati i quattro arcangeli Michele, Uriele, Raffaele e Gabriele e i simboli dei quattro Evangelisti. Fra le finestre dell’abside maggiore sono raffigurati i quattro dottori della chiesa: Sant’Ambrogio, San Gregorio, San Girolamo e Sant’Agostino. Ci sono poi Papa Lucio II che tiene in mano la bolla nella quale si confermano alla basilica di Rivolta i privilegi concessi dai suoi predecessori e San Galdino. Nel catino dell’abside, decorata a finto mosaico, è dipinta la Vergine Incoronata da Cristo fiancheggiata dai Santi Sigismondo e Alberto Quadrelli, nativo e patrono di Rivolta d’Adda.

Nella controfacciata è visibile l’organo, costruito nel 1865 da Natale Balbiani (Lecco, 1836 – Milano 1912). Egli utilizzò buona parte delle canne di uno strumento già esistente rinnovandone, però, la cassa e i registri. Nel 1903 Pacifico Inzoli (Crema, 1843-1910), rifece le casse, cambiò le vecchie canne di facciata in stagno con nuove in zinco, sistemandole su un somiere pneumatico e sostituì alcuni registri.

Nel 1903, per far fronte alle spese di restauro della parrocchiale, fu venduta al Museo Poldi Pezzoli di Milano la cosiddetta ‘Pace di Rivolta d’Adda’, opera di un orafo lombardo attivo nell’ultimo decennio del XV secolo. L’oreficeria rivoltana (165 mm di altezza, 75 mm di larghezza ad ante chiuse, 94 mm ad ante aperte) è stata a lungo ritenuta una ‘pace’, cioè un oggetto di devozione offerto durante le funzioni al bacio del fedele, oggi sostituito dalla stretta di mano. In realtà si tratta di un tabernacolo-reliquiario che conteneva frammenti della Croce. Realizzato con smalti policromi su argento dorato, è composto da un trittico montato su un piede, probabilmente tardo gotico di area nordica, aggiunto nell’Ottocento. Ad ante chiuse mostra l’Annunciazione, mentre quando è aperto si vedono la Natività e, ai lati, i Santi Bernardino da Siena e Ludovico da Tolosa. Sul retro è dipinta la Crocifissione. L’anta con San Bernardino è un rifacimento ottocentesco.

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Informazioni

Piazza Vittorio Emanuele II, 20

Rivolta d’ Adda (CR)

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