Il Binengo

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Il Santuario di Santa Maria del Binengo a Sergnano

Il Binengo è oggi una località nel territorio del comune di Sergnano. Il nome ‘Albeningo’ è attestato per la prima volta in un documento del 1022. Successivamente compare nelle varianti ‘Albernengum’ (1192) e ‘Albinengo’ (1756) per poi essere definitivamente fissato in ‘Il Binengo’ dopo l’Unità d’Italia. La chiesa è posta lungo l’antica strada che collegava Sergnano a Crema costeggiando la sponda destra del Serio. All’altezza del santuario il corso del fiume è rallentato da una ‘palata’ – sbarramento in origine realizzato con pali di legno – che devia le acque nella roggia Babbiona. Il corso d’acqua artificiale fu scavato a partire dal 1463 per irrigare le campagne di Offanengo, Izano (dove scorre davanti al Santuario della Beata Vergine Maria della Pallavicina) e Madignano.

La prima attestazione di una chiesa campestre dedicata a Santa Maria sembra risalire al 1015. Nel 1385 faceva parte della pieve di Fornovo San Giovanni. Nel 1566 risulta amministrata dalla parrocchia di San Pietro a Crema, mentre nel 1577 l’oratorio fu affidato alla parrocchia di Sergnano.

Non sappiamo di preciso quando fu costruito l’edificio attuale che si può genericamente datare al XVI secolo.

Due sono le tradizioni riguardanti l’oratorio. La prima racconta che l’8 settembre (festa della natività della Beata Vergine Maria) la Madonna sarebbe apparsa a una giovane che conduceva le oche al pascolo. La Madre di Cristo avrebbe chiesto di edificare un edificio in quel luogo. Come prova del miracolo avrebbe fatto fiorire un bastoncino che la ragazza teneva in mano. Una variante del racconto riporta che la verga sarebbe fiorita dopo essere stata piantata nel terreno.

La seconda tradizione riguarda la statua raffigurante la Madonna col Bambino conservata sull’altar maggiore. Si narra che il simulacro fu ritrovato lungo la sponda del Serio, dopo una piena del fiume, nel territorio fra Sergnano e Pianengo. Ritenuto un oggetto miracoloso, sorse una disputa fra i due paesi su quale dei due avrebbe dovuto conservare la scultura. La questione fu risolta dalla stessa statua che ripetutamente si volse verso Sergnano.

Esternamente l’edificio presenta una semplice struttura a navata unica, scandita da tre campate, con tetto a capanna. Il frontone triangolare della facciata è a vento, cioè è più alto del tetto retrostante. Al centro della fronte si apre una serliana. Più sotto si trova un porticato a tre arcate che protegge il portale d’ingresso. Si notino le due finestrelle ai lati che, secondo le indicazioni liturgiche (1577) elaborate da san Carlo Borromeo, dovevano consentire di pregare guardando l’altar maggiore anche quando la porta dell’oratorio era chiusa. Sopra le aperture si trovano affreschi settecenteschi raffiguranti San Pietro e Sant’Antonio da Padova. I dipinti attorniano due fregi in terracotta raffiguranti la Madonna col Bambino di incerta datazione. Sopra la porta un’altra pittura, probabilmente seicentesca, raffigura la Madonna col Bambino.

All’interno, gli affreschi che decorano l’edificio erano stati completamente scialbati. Furono recuperati con un restauro avvenuto nel 1944 e dai successivi interventi nel 1985 e nel 2017. Sono opera di un pittore, attivo fra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento in varie chiese del Cremasco, che perpetua lo stile di Aurelio Buso (Crema, 1505 circa – post 1582) con un livello qualitativo altalenante, segno della presenza di vari collaboratori. A questa bottega si deve attribuire l’intera decorazione pittorica tranne due affreschi strappati raffiguranti la Vergine e la Maddalena provenienti dalla parrocchiale di Sergnano, collocati nella terza campata a sinistra.

Iniziando dalla parete sinistra della prima campata troviamo la Sacra Famiglia nella bottega di san Giuseppe, San Francesco d’Assisi, Sant’Orsola.

Sull’arco trionfale sono dipinti San Giovanni battista, l’Assunzione di Maria e Santo Stefano. Sulla trave è posto un Crocifisso ligneo cinquecentesco, sempre in ossequio alle prescrizioni liturgiche (1577) di san Carlo Borromeo.

Nella volta del presbiterio sono raffigurati quattro Angeli e lo Spirito Santo in forma di colomba, mentre nelle unghiature si trovano il Sogno di san Giuseppe, l’Incoronazione della Vergine, Gesù che discute coi dottori nel Tempio. Nelle lunette la Fuga in Egitto, la Presentazione di Gesù al Tempio, la Visita a santa Elisabetta, Maria accolta nel Tempio. Sulla parete sinistra del presbiterio sono affrescate Santa Caterina, un paesaggio e la Nascita di Maria. Sulla parete di fondo un apparato di stucchi incornicia le statue in terracotta raffiguranti i genitori di Maria, Gioacchino e Anna, e la Madonna col Bambino. Le due statue laterali sono coeve agli stucchi e dunque seicentesche, invece, la scultura centrale è opera del ‘maestro della Madonna del topo’. Si tratta di un artista attivo fra 1460 e 1500 circa, di cui non è nota l’identità anagrafica. Deve il bizzarro nome convenzionale con cui è noto a una scultura conservata a Milano nel cortile del Museo Bagatti Valsecchi. Sulla parete destra del presbiterio sono dipinte l’Adorazione dei Magi e Santa Lucia.

La parete destra della navata reca la Vergine in trono fra i santi Biagio, Sebastiano, Rocco e Fermo; l’Apparizione della Madonna a san Francesco; la Madonna del latte con sant’Antonio abate; San Bartolomeo.

Sulla controfacciata, ai lati del portale si trovano San Gerolamo e Sant’Eurosia.

Il San Martino posto sopra la porta è, invece, un dipinto settecentesco, dunque successivo al resto del ciclo pittorico.

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