Il Santuario che fonde l'arte con un antico culto mariano
L’origine del santuario fuori dalle mura della città si deve all’apparizione della Vergine a Caterina degli Uberti. Il 3 aprile del 1490, sul far della sera, la giovane cremasca stava percorrendo la strada per Bergamo con il marito Bartolomeo Pederbelli, detto il Contaglio, originario di quella città, quando l’uomo la aggredì con una spada lasciandola agonizzante in un bosco ai margini della strada. La donna invocò il soccorso della Madonna per non morire senza aver ricevuto i sacramenti. La Vergine, apparsa a Caterina, esaudì la sua richiesta permettendo che fosse soccorsa. Il mattino seguente la giovane fu portata in Crema dove spirò dopo aver ricevuto da un sacerdote il conforto dei sacramenti. Sul luogo dell’apparizione, oggi ricompreso nella cripta, avvenne poi nel giorno di Santa Croce (3 maggio 1490) il primo dei molti miracoli attestati che portarono alla decisione di costruire un santuario.
Il progetto, segno evidente della trasformazione in senso umanistico-rinascimentale della cultura cremasca, fu curato da Giovanni Battagio (Lodi, 1440 circa – 1500 circa), interprete dei modelli di Donato Bramante nonché ingegnere della città di Milano. I lavori iniziarono il 6 agosto 1490 con una grandiosa processione di popolo e a autorità civili e religiose che dalla città sfilò fino al luogo miracoloso.
Probabilmente a seguito di contrasti con i committenti nel 1499 Giovanni Battagio lasciò la direzione del cantiere. Fu sostituito dal capomastro Antonio Montanari (documentato dal 1492) che terminò i lavori verso il 1501.
Nel 1677 si instaurò presso la chiesa l’Ordine riformato dei Carmelitani Scalzi, che costruirono il grande convento nel 1706; qualche anno dopo fecero anche erigere il campanile che affianca la basilica. I frati rimasero fino alla soppressione del convento avvenuta nel 1810. Dopo un intermezzo in cui la cura d’anime fu assicurata dal clero secolare di Pianengo, nel 1828 fu istituita la parrocchia di Santa Maria della Croce, tuttora esistente.
La chiesa è un articolato e innovativo organismo a pianta centrale ideata ispirandosi ai canoni dell’architettura lombarda rinascimentale interamente realizzato in cotto il cui colore caldo domina affiancato al verde delle cupole in rame (materiale aggiunto in epoca novecentesca) e al bianco dell’intonaco.
L’esterno è compartito in quattro zone sovrapposte, con tre ordini di gallerie percorribili. Il primo ordine di gallerie è composto da aperture monofore, il secondo livello appare più elaborato con una serie di bifore sotto cui corre una decorazione con piccoli rosoni in cotto con i motivi del sole fiammeggiante, della ruota e una figura geometrica complessa.
L’ultimo livello è opera del capomastro Antonio Montanari che concluse la costruzione con una galleria di gusto tardo-gotico decorata con rosoncini sovrastata da una serie di monofore trilobate.
Il restauro stilistico dell’architetto Emilio Gusalli (1904) è responsabile delle reinvenzioni decorative leggibili all’esterno, come i pinnacoli di pietra, i graffiti delle porte cieche e le cupole di rame a copertura dei corpi minori.
L’interno, frutto di una campagna decorativa avvenuta in un lungo arco temporale, è organizzato intorno a un’aula ottagonale con quattro bracci laterali che completano la pianta a croce greca. Il vano principale è coperto da una cupola con otto spicchi.
Alternate ai quattro bracci si trovano altrettante cappelle semicircolari.
La realizzazione dell’ancona nella cappella maggiore fu affidata a Benedetto Rusconi, detto il Diana (Venezia, 1460 – 1525), che la realizzò forse nel 1501. L’opera rappresenta l’Assunzione della Vergine, l’interesse del dipinto risiede sia nell’importanza della commissione all’affermato pittore veneziano sia nella raffigurazione dello sfondo dove compare una delle pochissime testimonianze dell’immagine dell’antico castello di Porta Serio.
Gli altari laterali sono decorati in stucco probabilmente a opera dello scultore Giovanni Antonio Abondio di Ascona (1575-80 circa). Sul timpano siedono due figure femminili in stucco che reggono dei libri. All’interno delle nicchie appaiono figure di profeti. I dipinti murali (1585) sono di Aurelio Gatti (Cremona, 1556 – Piacenza, 1602) tranne quelli della cappella dell’Andata al Calvario realizzata interamente da Carlo Urbino (Crema, 1525 – 1585), autore sia degli affreschi che della pala.
Le ancone che decorano gli altari furono eseguite fra il 1575 ed il 1580: l’Adorazione dei Pastori da Antonio Campi (Cremona, 1524 – 1587),
l’Adorazione dei Magi da Bernardino Campi (Cremona, 1522 – Reggio Emilia, 1591),
l’Andata al Calvario da Carlo Urbino
e la Deposizione di Cristo nel sepolcro da Bernardino Campi.
Tra il 1700 e il 1702 i Carmelitani Scalzi da poco insediati commissionarono la decorazione della cupola maggiore al valtellinese Giacomo Parravicino (Caspano, 1660 – Milano, 1729) (figure) e ai fratelli varesini Giovanni Battista Grandi (Varese, 1643 – Bizzozero, 1718) e Girolamo (Varese, 1658 – Milano, 1718) (quadrature) chiamati per l’esecuzione del Trionfo della Croce che occupa gli otto spicchi interni del tamburo
così come le Sibille e i Profeti che affiancano i medaglioni con le Visioni di santa Teresa d’Avila.
Agli stessi pittori spetta anche la decorazione del braccio nord con le Storie di Mosè e i Profeti Daniele ed Ezechiele (1721).
La decorazione della cupoletta con Il riposo durante la fuga in Egitto (1898) spetta, invece, al pittore cremasco Eugenio Giuseppe Conti (Crema, 1842 – Milano, 1909).
Il braccio meridionale fu affrescato dai fratelli luganesi Giuseppe Torricelli (Lugano, 1710 – 1808) (figure) e Giovanni Antonio (Lugano, 1719 – 1811) con le Storie di Davide (1762). Il cremasco Angelo Bacchetta (Crema, 1841 – 1920) dipinse l’Assunzione di Maria (1870) nella cupoletta.
Sotto il presbiterio si trova lo scurolo, che sorge nel luogo dove la Madonna apparve a Caterina degli Uberti. Sulla volta Giacomo Parravicino (Caspano, 1660 – Milano, 1729) dipinse la sfortunata giovane portata in cielo verso la Madonna (1721). Dietro l’altare settecentesco in marmo sono collocate due statue lignee vestite, raffiguranti la Vergine (seicentesca) e Caterina degli Uberti (settecentesca). Sul fondo della cappella è inserito un rilievo in terracotta rappresentante la Madonna con il Bambino. Si tratta di una replica seriale da un modello in marmo dello scultore fiorentino Antonio Rossellino. La scultura è oggetto di venerazione perché ritenuta protagonista di vari miracoli di lacrimazione e movimento degli occhi.
Informazioni
Piazza Giovanni Paolo II, 1
Orari soggetti a restrizioni
Visite vietate durante le funzioni