CMBYN nel territorio

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Sulle tracce di Elio e Oliver immersi nella natura

Il film da Oscar Chiamami col tuo nome ha permesso al pubblico internazionale di conoscere la Pianura Padana, e in particolar modo il quadretto circoscritto e peculiare del territorio Cremasco. In diverse scene Elio e Oliver percorrono stradine sterrate in sella alla loro bici per raggiungere scorci di paesini, boschetti o fontanili. Luoghi riparati, silenziosi, bucolici. I due ragazzi non si limitano a percepire la natura di questi territori, ma interagiscono con essa: ora sdraiandosi sul prato, ora immergendo i piedi nelle fresche acque del fontanile, trascinando con sé lo spettatore estasiato.

Quello che lo spettatore non poteva tuttavia immaginare è che questi posti fossero già meta di una forma inconsapevole di turismo, antecedente persino alla moda del Grand Tour che ha interessato tutt’altre parti dello Stivale. Già nel Seicento, infatti, le famiglie nobiliari veneziane e milanesi amavano trascorrere le vacanze nelle loro dimore di campagna, lontano dalla vita frenetica della città. Qua conti e marchesi si dedicavano alla caccia o a passeggiate nella natura. La secentesca Villa Albergoni di Moscazzano, scelta da Guadagnino come residenza della famiglia Perlman, ne è un esempio.

Dopo aver visitato le location del film in città, il secondo itinerario esplora questo territorio, inerpicandosi tra i selciati polverosi dei paesini cremaschi e posandosi sui morbidi prati dei Parchi e delle riserve protette.

Per non perderti, attieniti al percorso indicato sulla mappa o, in alternativa, utilizza il servizio di navigazione offerto da Google Maps, impostando di volta in volta la tappa che vuoi raggiungere. Ti consigliamo inoltre di impostare la navigazione in modalità “a piedi”; in questo modo l’applicazione eviterà di condurti lungo le strade trafficate, indirizzandoti verso stradine percorribili a piedi o in bici.

Tour virtuale

Ricengo – Laghetto dei Riflessi

Qui sono state girate due scene, per così dire, agli antipodi. La prima scena è carica di euforia e simboleggia l’eccitazione di un rapporto ancora tutto da scoprire e consumare: Elio e Oliver nuotano divertiti, insieme a un gruppetto festoso di amici, nelle acque agitate del laghetto. Urla e schizzi, il sole illumina timidamente un cielo terso.

Nella seconda scena tutto cambia. È mattino presto, sono le prime ore del giorno, il cielo seppur chiaro mantiene un ultimo velo di notte. Elio propone a Oliver un bagno. In questo momento tra di loro si percepisce una sorta di imbarazzo. Hanno ormai manifestato il loro sentimento ma Elio, perplesso, esprime con il suo silenzio i dubbi che lo assalgono.

Il loro bagno nel laghetto è molto diverso da quello con gli amici. I due ragazzi nuotano lontani tra loro e l’acqua è immobile. Ciò permette alla cinepresa di catturare i riflessi cangianti del laghetto dando vita a un momento di assoluta poesia. Si apprezza la pace che il laghetto sa regalare.

Il piccolo lago è stato una cava di ghiaia privata fino a quando il Parco Regionale del Serio ne ha acquisito la proprietà per permettere alla flora e alla fauna di ripopolare l’area. Il prato durante la notte si impregna di rugiada e alla mattina è morbido e fresco. Le fronde dei pioppi e dei salici offrono riparo dalla calura e la luce che vi filtra attraverso, in alcune ore del giorno, crea suggestivi giochi chiaroscurali. Questi connotati rendono il bosco che lambisce il laghetto ideale per esplorazioni naturalistiche, bird-watching, scampagnate e pic-nic. Per quanto riguarda la possibilità di consumare pranzi al sacco, va segnalato che sulla riva del laghetto è stata adibita una comoda zona pic-nic attrezzata con panche, tavoli e un gazebo in legno. In alternativa al pranzo al sacco, per chi volesse gustare invece tipici piatti locali, si segnala di fronte alla chiesetta il Ristorante “Al Castel” di tradizione cremasca e conduzione familiare.

Se il tempo lo permette, siediti a riva del lago (ma non bagnarti, è proibito!); abbraccia con lo sguardo la natura circostante. I due attori, come ectoplasmi, fluttueranno di fronte a te e tracceranno i solchi nell’acqua che hanno disegnato nelle loro nuotate clandestine. Dietro ai tuoi occhi gli amici di Elio e di Oliver faranno di nuovo schiamazzi che, questa volta, sentirai solo tu.

Villa Ghisetti – Giavarina

A Ricengo si possono anche fare due altre soste: Villa Ghisetti – Giavarina e il Santuario di Santa Maria del Cantuello.

Villa Ghisetti – Giavarina si affaccia sulla strada con una semplice muratura che nulla lascia presagire della bellezza dell’interno: merita una veloce sbirciata attraverso il cancello che si affaccia sul cortile. Dal cancello infatti si può intravedere la facciata interna riccamente decorata in stile neoclassico, abbellita da statue con soggetti mitologici. L’interno dell’edificio, ancora oggi privato e quindi non visitabile, è arricchito dagli affreschi (1766-1776) del cremasco Mauro Picenardi.

Puoi quindi raggiungere il Santuario di Santa Maria del Cantuello, appena fuori dal centro abitato. Si tratta di una piccola chiesa, le cui origini potrebbero risalire all’XI secolo, ma nessun documento ha confermato questa ipotesi; è invece certo che l’edificio ha subìto una risistemazione durante il XVII secolo che ha donato alla chiesa l’aspetto che possiamo vedere ancora oggi. Sulla facciata si conserva un affresco cinquecentesco, mentre l’interno è decorato da vari affreschi di diverse epoche (XV- XVI secolo).

Fontanile Quarantina (Farinate Capralba)

«Questo è il mio posto. Tutto mio. Vengo qui a leggere. Non so quanti libri ho letto qui. La sorgente è sulle montagne: le Alpi Orobie, l’acqua arriva direttamente da lì».

Con queste parole Elio descrive i fontanili della Quarantina: un luogo personale e privato, un paesaggio d’anima che riflette il suo spirito, in quei giorni pervaso da un totale senso di pace. Ed è proprio in questa conca naturale, dalle cui falde sgorga un’acqua tersa, che in maniera simile viene allo scoperto l’attrazione che i ragazzi provano l’uno l’altro; sdraiato sul prato, Elio dice a Oliver di amare il rapporto che c’è tra loro: la complicità, lo scambio di idee, il tempo trascorso insieme. Tutto sembra perfetto. Oliver, inizialmente convinto a non lasciarsi trasportare, cede alla tenerezza, e gli corrisponde un bacio.

Prenditi una sosta dal tuo cammino per le nostre terre e rinfrancati un po’, bagnando i piedi nei fontanili: l’acqua ti sembrerà pressoché gelida, ma è la calura che produce questa sensazione di freddo, in quanto la temperatura di erogazione del fontanile rimane inalterata per tutto l’anno a 11 gradi.

«In antichità i fontanili erano considerati un dono del cielo: attorno alle polle di acqua limpida che affioravano qua e là in modo assolutamente spontaneo, la vegetazione cresceva rigogliosa anche nei rigidi mesi invernali. Sì, perché le acque di queste sorgive, dopo un viaggio sotterraneo di chilometri attraverso argille e depositi alluvionali, all’improvviso riemergono in una serie di polle, continuando la loro corsa in superficie, con due caratteristiche uniche: non solo sono pure e limpide, ma sgorgano a una temperatura che rimane costante, anche nelle diverse stagioni, tra i 10 e i 11 gradi e per questo, ricoprendo i campi nella stagione invernale, garantiscono produzioni precoci di foraggio. La tecnica di coltivazione è chiamata ‘marcita’ sviluppata dai monaci cistercensi che bonificarono intorno all’anno Mille le nostre terre a partire dal centro benedettino ancora oggi esistente di Abbadia Cerreto.

La Quarantina è caratterizzata da una vera e propria ragnatela di fossi e di risorgive. Ampiamente conteso tra i municipi adiacenti per il suo valore naturalistico, il fontanile è stato oggetto di attenzione da parte delle politiche territoriali di valorizzazione paesaggistica, attraverso le quali si sono potute realizzare opere di bonifica che l’hanno resa l’oasi amena che è ora.

Ogni anno, attorno al mese di maggio, il Comune di Crema e quello di Capralba organizzano il ‘giro dei Fontanili’. Si tratta di un itinerario in bicicletta aperto a tutti, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema ambientalista. I fontanili costituiscono infatti un habitat particolarmente delicato: se non protette adeguatamente, le falde rischiano di di prosciugarsi, causando l’estinzione di flora e fauna presenti intorno alla bocca di erogazione.

 

Castello di Pandino e Monumento ai Caduti

Elio accetta di accompagnare Oliver a Pandino per ritirare delle carte relative ai suoi studi. I due approfittano della giornata assolata per inforcare la bici; percorrono le stradine di campagna fino a piazza Vittorio Emanuele III. Oliver entra in un bar per acquistare un pacchetto di sigarette, dopodiché, assieme a Elio, parcheggia le bici vicino al cancelletto che recinta il Monumento ai Caduti.

La loro conversazione casca nuovamente sul tema dei sentimenti e del conflitto interiore. Il loro botta e risposta è rappresentato da una coreografia circolare che coinvolge, oltre a loro due, un terzo attore inerte, ovvero il monumento attorno al quale passeggiano; il milite ora si frappone tra i due, dando rappresentazione grafica delle loro intenzioni coperte, della distanza di vedute e di esperienza, ora si toglie di mezzo, permettendo ai ragazzi di parlarsi apertamente e instaurare un legame.

Il titolare dello storico locale ‘Bar Castello’ nel quale Oliver entra per acquistare le sigarette ha vissuto in prima persona i giorni di set. È stato testimone del lavoro certosino attraverso cui lo scenografo e il set decorator hanno riportato indietro di trent’anni la piazza; con quali espedienti sono riusciti a camuffare, per esempio, un’agenzia immobiliare in una drogheria e un ufficio nella segreteria del Partito Socialista. Il bar stesso ha subìto delle trasformazioni: il distributore automatico di sigarette posto nel dehors è stato mascherato con un cartello che reclamizza gelati e l’allestimento esterno di tavoli e sedie è stato sostituito con un allestimento dell’epoca.

Soffermati a guardare la piazza, fai un giro attorno al monumento e scova tutti gli elementi dell’arredo urbano che sono stati trasformati per le riprese. Dopodiché voltati e, lasciandoti la piazza alle spalle, cammina verso l’imponente Castello Visconteo.

Intorno al 1355, Bernabò Visconti, Signore di Milano, fece costruire il castello di Pandino per avere un punto d’appoggio dove soggiornare quando avesse voluto dedicarsi alla sua attività preferita, la caccia; il territorio circostante era infatti caratterizzato da una fitta vegetazione, popolata da selvaggina.
La costruzione ha la forma tipica dei castelli viscontei di pianura: pianta quadrata con quattro torri angolari, cortile interno con porticato ad archi acuti al piano terra e loggiato superiore con pilastrini quadrati. Le decorazioni originali sono ancora in gran parte visibili grazie ai recenti restauri. Il lato est del piano inferiore in origine costituiva un secondo porticato a soffitto scoperto, adibito all’occasione a salone dei banchetti.
Nei primi anni del Quattrocento Crema divenne per breve tempo Signoria e Giorgio Benzoni, già conte di Pandino, suo signore. Dal 1470 circa anche Ludovico Maria Sforza, meglio noto come Ludovico il Moro, fu signore di Pandino e dimorò in questo castello.

Se vorrai effettuare una visita guidata potrai rivolgerti all’Ufficio Turistico all’interno del castello. Oggi l’edificio è sede del Comune, nonché sede della scuola Casearia unitamente a un convitto. La scuola è unica in Italia: qui si preparano i futuri casari che continueranno la tradizione locale della produzione di formaggi. Tra i prodotti nostrani che ti consigliamo di assaggiare c’è innanzitutto il Salva Cremasco: un formaggio a pasta cruda, medio-lunga stagionatura, tradizionalmente accompagnato dalle tighe, peperoncini verdi sottaceto.

Villa Albergoni, Moscazzano

Nel corso degli anni il territorio di Moscazzano, sfruttato principalmente dall’agricoltura e l’allevamento, ha assunto una connotazione fortemente rurale. Ecco perché, se camminando nel centro abitato incrocerai sul tuo cammino una gallina solitaria, non dovrai stupirti; e proprio mentre tentennerai per cedergli il passo, tendendo appena l’orecchio potrai sentire dalle cascine l’eco dei muggiti. Nel film quest’atmosfera agreste non è stata censurata, ma sapientemente utilizzata come sottofondo dolce e rassicurante.

Per molti versi Moscazzano è un paese come tanti nella Pianura Padana, per altri possiede una poesia intrinseca e inconfondibile. La strada principale costeggia muri di mattoni e presenta un tortuoso sali e scendi che lo contraddistingue dagli altri comuni, prevalentemente pianeggianti.

Il centro abitato si sviluppa dal nucleo centrale, la chiesa parrocchiale, attorno alla quale nei secoli si sono raccolte le dimore dei contadini. All’interno della chiesa, di costruzione settecentesca, potrai ammirare le opere di artisti cremaschi quali Angelo Bacchetta e Mauro Picenardi.

Raggiungi la villa Albergoni. Protagonista silenziosa dell’intero film, meravigliosa cornice entro cui hanno amato, gioito, pianto e sofferto i personaggi della storia.

Attualmente la villa è chiusa e il suo interno è completamente vuoto. Essendo proprietà privata, è vietato qualsiasi tentativo di accesso; ciò nonostante, è ancora possibile ammirare la bellezza dell’edificio e della facciata principale attraverso la cancellata. La villa è stata costruita sulle rovine di un antico castello. Il feudo di Moscazzano venne affidato nel 1499 alla potente famiglia milanese dei Vimercati che in quegli anni trasformarono le rovine del castello in una residenza di campagna.

Montodine, la corriera azzurra

Nello spiazzo di Montodine sono state girate le scene della corriera azzurra. Il film nel suo piccolo documenta la vita delle infrastrutture e dei mezzi pubblici negli anni ’80, affrontando inoltre il tema del viaggio.

Oliver e Elio compiono diversi viaggi, alcuni solo accennati: in primis quello che ha portato il ragazzo americano in Italia, quindi gli spostamenti dei personaggi a Sirmione e a Bergamo, infine il viaggio di ritorno con il triste abbandono alla stazione ferroviaria. Li vediamo a più riprese salire su treni o aspettare alla pensilina degli autobus.

La situazione dei mezzi pubblici non è progredita sostanzialmente e i paesini interni del cremasco che non hanno accesso alle grandi vie di comunicazione sono ancora collegati tra loro tramite singhiozzanti corse di corriere blu che offrono a grandi linee lo stesso servizio da mezzo secolo. La continuità ha quindi permesso ai piccoli paesi di mantenere le proprie caratteristiche urbanistiche e strutturali e li ha resi le location adatte in cui ambientare il film.

L’aspetto paesaggistico di Montodine è quello tipico della campagna cremasca, caratterizzata principalmente dall’attività agricola. Gli elementi costitutivi del paesaggio sono sostanzialmente i fiumi Adda e Serio. Dopo aver attraversato il Comune in direzione sud, il fiume Serio sfocia nell’Adda al Boccaserio, punto di attrattiva naturalistica.

Essendo Montodine un paese rurale contiene al suo interno alcuni cascinali che hanno conservato l’impronta architettonica dei secoli passati; passeggiando per le vie del paese, ne incontrerai un eccellente esempio sito in via Fadini. La costruzione risale probabilmente al secolo XVII e mantiene ancora integra la struttura della cascina cremasca, caratterizzata dalla presenza della stalla, del fienile soprastante e dell’abitazione posta a fianco.

Altro importante simbolo di Montodine è la monumentale Villa Benvenuti e la sua Torre. L’edificio è situato vicino al ponte sul fiume Serio. Fu costruito presumibilmente in due fasi. Si presenta come una residenza di campagna, munita di una torre, a scopo difensivo, fatta costruire nel 1646 da Gerolamo Benvenuti (aristocratica famiglia montodinese). La costruzione di arte rusticana-barocca si innalza nei suoi sette piani, comprensivi di solaio. Fu costruita e poi rimaneggiata in diverse epoche fino alla ristrutturazione completa del 1803. Alla morte dell’ultimo discendente dei Benvenuti la villa fu donata ai Salesiani ed è oggi proprietà della parrocchia.

È giunto il momento di salutarci. Ci auguriamo che il doppio itinerario nelle terre di Call me by your Name sia stato di tuo gradimento e abbia ricompensato gli sforzi che hai impiegato per poter essere qui, ora.

Per il ritorno ti consigliamo un itinerario alternativo che, senza allungare la strada, ti condurrà ad un luogo singolare: il cascinale di San Donato. Se seguirai le indicazioni sulla cartina che ti abbiamo fornito non ti perderai.

San Donato è un grandioso cascinale costruito nel XV Sec. dai Benvenuti. È dominato da un antico torrione e affiancato da un piccolo oratorio restaurato di recente. Si racconta che nel 1680 scoppiò a Moscazzano un’epidemia che provocò la morte di numerosi bambini. La tradizione vuole che essi siano stati sepolti dove oggi sorge la Cappella dei Murtì: effettivamente scavi condotti negli anni Venti intorno alla chiesetta riportarono alla luce piccoli resti umani.

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