Villa Giavarina Ghisetti

Tutti i luoghi

Ricengo

Nel 1762 Lorenzo Giavarina acquistò da Ortensia Premoli, sposata Vimercati Sanseverino, la villa e le terre che questa famiglia possedeva a Ricengo. I Giavarina erano di origine ungherese. Nel Seicento si erano trasferiti a Zogno, nella Bergamasca, dove avevano fatto fortuna con il commercio di filati. Nel 1766 Lorenzo diede avvio ai lavori di trasformazione della villa di Ricengo, facendone uno dei capolavori del barocchetto nel Cremasco. I lavori si conclusero nel 1793.

In seguito la villa divenne proprietà della famiglia Ghisetti.

Il corpo principale della villa è celato da una cortina di edifici rustici che corre lungo la strada principale che attraversa Ricengo. Solo la torre che sovrasta il vano di accesso lascia intuire che dietro si nasconda un edificio monumentale anziché una semplice cascina. La torre, probabilmente seicentesca, presenta una cornice di gronda sorretta da mensoloni accoppiati ed è sovrastata da un campaniletto.

Oltre il cancello in ferro battuto, si scorge la fronte principale della villa. È affacciata su un cortile chiuso a est e a ovest da barchesse settecentesche, mentre il lato meridionale è delimitato da portici rustici. L’edificio fu progettato dal quadraturista Fabrizio Galliari (Andorno Micca, 1709 – Treviglio, 1790) e realizzato sotto la direzione del capomastro Santo Scotti.

La facciata è costituita da un portico a sette arcate intervallate da paraste binate che affiancano aperture rettangolari. Le tre arcate centrali sono state chiuse, probabilmente nell’Ottocento, per ricavare una serra, poi dipinta con scene di paesaggio.

Il primo piano prevede sei finestre alternate a nicchie contenenti statue di soggetto mitologico. Al centro si trova un balcone con balaustra in ferro battuto. La porta è sormontata da due archi che poggiano su un capitello pensile. È affiancata da altre due porte più piccole, sormontate da un arco. La cornice di gronda è sorretta da terne di mensoloni alternati a oculi ovali.

La facciata nord, che si affacciava sul giardino ormai scomparso, è molto più sobria.

Nei terreni a nord della villa, un tempo occupati dal parco, si nota la curiosa torre detta ‘del Belvedere’. È composta da una struttura a base quadrata dotata di balconcino in marmo, su cui s’imposta una torre ottagonale. In cima si trova una piccola loggetta con copertura a sesto acuto da cui era possibile ammirare il panorama.

All’interno una delle caratteristiche singolari della villa è la presenza di tre scaloni: due si trovano agli estremi del porticato, nel punto di aggancio con le ali. Il terzo, più piccolo, è posto al centro con accesso dal bocchirale, cioè l’atrio passante. Tutti e tre furono dipinti da Mauro Picenardi (Crema, 1735 – Bergamo, 1809). Nella volta dello scalone occidentale è raffigurata la Caduta di Fetonte (1766 circa), nel vano dello scaloncino centrale troviamo raffigurazioni allegoriche della Primavera, dell’Astronomia, della Geometria, della Musica e del Canto (1769 circa).  Nella volta dello scalone orientale è dipinta Arianna abbandonata (1776 circa).

Nell’atrio, con porte barocche a trabeazione sostenute da cariatidi, il pittore ungherese Carlo Blerò nel 1851 ha realizzato il Ratto delle Sabine e l’Incendio di Troia. Le altre sale del pian terreno presentano soffitti a cassettoni e decorazioni ottocentesche.

Al primo piano le due sale a sud-ovest sono dipinte da Mauro Picenardi con soggetti mitologici e di storia antica. Segue la galleria (1776 circa), posta al centro della facciata, verso sud, decorata con pitture di Picenardi e quadrature di Orlando Bencetti (Treviglio, 1721 – Crema?, 1789).

L’oratorio di San Giuseppe

L’oratorio fu fatto edificare nel 1706 da Annibale Vimercati Sanseverino in qualità di esecutore testamentario di Giuseppe Crotti. L’edificio è dedicato a San Giuseppe in memoria del testatore. All’interno si conservano alcune tele di Giovan Battista Lucini (Vaiano Cremasco, 1639 – Crema 1686): la Morte di san Giuseppe (1672 circa), sull’altar maggiore; Sant’Antonio da Padova e Santa Rosa da Lima (1680 circa). Vi sono inoltre le copie di due tele realizzate dallo stesso pittore nel 1685 per la Cattedrale di Crema: L’Ostia trafugata e il Miracolo di Pozen.

Infine si conservano due bozzetti dello stesso maestro per due tele del medesimo ciclo della Cattedrale: la Comunione della beata Cadamosto e, di nuovo, il Miracolo di Pozen.

La presenza di queste opere di Lucini si spiega con il fatto che il ciclo per la Cattedrale era stato commissionato da Ettore Vimercati Sanseverino che evidentemente aveva tenuto per sé i bozzetti e fatto realizzare alcune copie. Le opere furono poi reimpiegate nell’oratorio di Ricengo costruito qualche anno dopo.

Vedi mappa

Informazioni

Via Roma, 6

Ricengo (CR)

Residenza privata