S. Bernardino

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La chiesa divenuta l'Auditorium Bruno Manenti

La costruzione di San Bernardino in Crema iniziò nel 1518 per accogliere la comunità dei frati francescani osservanti, chiamati anche zoccolanti. Quattro anni prima, nel 1514, Renzo da Ceri che comandava la difesa di Crema contro le truppe imperiali e sforzesche era stato costretto a distruggere il monastero di San Bernardino fuori dalle mura perché i nemici vi si potevano nascondere. I frati si erano dunque ritirati in città ed erano in attesa di una nuova sede.

La costruzione fu terminata nel 1534 e la consacrazione ufficiale avvenne il 6 aprile del 1579.
Nel 1810 il monastero fu soppresso dalle leggi napoleoniche e la chiesa divenne sussidiaria della Cattedrale. Questo impedì che fosse distrutta e che le sue opere d’arte venissero disperse come avvenne per altre chiese cremasche.

Nel 1868-69 l’edificio sacro venne restaurato su progetto dell’ingegner Carlo Donati de’ Conti e dell’ingegner Luigi Re. Nell’occasione il soffitto della volta venne decorato dallo scenografo cremasco Luigi Manini (Crema, 1848 – Brescia, 1936), che provvide anche a rifare il grande affresco dell’Annunciazione che si trova sopra l’arco trionfale, lasciando solamente le mani e i volti dell’originale opera cinquecentesca del pittore cremasco Vincenzo Civerchio (Crema, 1470 circa – 1544 circa).

La chiesa venne restaurata nuovamente fra il 1994 e il 1996 su progetto degli architetti Ermentini e negli anni successivi si provvide al ripristino delle singole cappelle.

Dopo gli importanti interventi di fine Novecento, la chiesa, accanto alla sua destinazione liturgica mai venuta meno, è stata adibita anche ad auditorium intitolato alla memoria del dottor Bruno Manenti, mecenate cremasco. In esso si svolgono concerti di musica classica, convegni e mostre.
Questa chiesa può essere considerata come una vera e propria galleria della pittura cremasca: infatti, sono presenti qui opere sia originarie, sia provenienti da altre chiese soppresse, di tutti i più importanti artisti cremaschi dal Cinquecento all’Ottocento.

Si tratta di un edificio d’impianto rinascimentale con una grande aula unica che si prestava ottimamente alle esigenze di un ordine come i francescani che avevano come missione la predicazione al popolo.

Lungo le pareti della chiesa ci sono sei cappelle per ogni lato più due ai lati dell’altar maggiore. Sulle lesene che le separano in occasione del triduo dei defunti – tre giorni di preghiera che venivano celebrati prima di carnevale – erano appese delle tele raffiguranti scheletri abbigliati in modo da rappresentare tutti gli strati sociali. Questi dipinti sono oggi conservati al Museo Civico di Crema e del Cremasco.

 

Guarda il video: Gli scheletri settecenteschi della chiesa di San Bernardino in città

Visitiamo la chiesa cominciando dalla prima cappella entrando a sinistra e procedendo in senso antiorario.

Cappella di Sant’Eligio

La pala posta sopra l’altare, raffigurante Sant’Eligio, è opera del pittore cremasco Gian Giacomo Barbelli (Offanengo, 1604 – Calcinato, 1656) che la realizzò nel 1639 come si legge nel cartiglio in basso a destra. Ai lati dell’ingresso della cappella ci sono sei piccole tele dell’inizio del Settecento, opera del pittore veronese Giovanni Brunelli (Verona, 1644/46 – Crema, 1722). Partendo da sinistra in alto, esse rappresentano: Sant’Eligio consacrato vescovo, Sant’Eligio vescovo libera un indemoniato, Sant’Eligio aiuta i poveri. Sul lato destro, dall’alto: Sant’Eligio libera un innocente condannato all’impiccagione, Sant’Eligio assiste un paralitico, Sant’Eligio vescovo libera un’indemoniata.

La cappella era di patronato della fraglia dei fabbri di cui sant’Eligio, oltre che degli orefici e dei maniscalchi, era il protettore.

Cappella del Perdono d’Assisi

Nel Cinquecento questa cappella era dedicata ai Dodici Apostoli. Nel 1759 cambiò dedicazione per istanza del nobile Pio Benvenuti e su approvazione del vescovo Marcantonio Lombardi, per essere affidata al Consorzio del Perdono d’Assisi. La pala oggi sull’altare è opera del pittore cremasco Mauro Picenardi (Crema, 1735 – Bergamo, 1809) e fu eseguita nel 1788. Alla parete sinistra è appesa una tela raffigurante la Madonna con il Bambino, sant’Andrea che presenta il donatore e sant’Antonio Abate. L’autore di questo dipinto è ignoto, né si sa in quale cappella si trovasse in origine; vi è, invece, scritta la data di esecuzione: 1601. Alla parete destra è appeso un dipinto raffigurante l’Immacolata Concezione riconoscibile per la presenza di vari attributi iconografici come la luna sotto i suoi piedi, la corona di dodici stelle sopra la testa, il drago a sette teste. Il quadro, riconducibile alla fine del Cinquecento, è attribuito al pittore Tommaso Pombioli (Crema, 1579 – 1636 circa) e non si conosce la sua collocazione originale.

 

Cappella di San Pietro in vincoli

In origine era dedicata a san Francesco, successivamente ai Martiri giapponesi e infine nel 1675 divenne di patronato della fraglia dei mercanti che la dedicò a san Pietro in Vincoli. Per l’occasione venne commissionata al pittore cremasco Giovan Battista Lucini (Vaiano Cremasco, 1639 – Crema 1686) la pala che ancora oggi si trova sull’altare. Vi è raffigurato un angelo che libera l’apostolo Pietro dal carcere.

Alla parete sinistra è appesa una tela della fine del Cinquecento raffigurante la Vocazione di sant’Andrea, opera firmata del pittore bresciano Pietro Marone (Brescia, 1548 – 1603). Non si conosce la provenienza di questo dipinto.

Alla parete destra si trova un dipinto con la Crocifissione e un donatore opera della fine del Cinquecento attribuita al pittore cremonese Aurelio Gatti (Cremona, 1556 – Piacenza, 1602). Forse in origine questo quadro si trovava nella quinta cappella a destra che è dedicata al Santissimo Crocifisso.

 

Cappella degli Angeli Custodi

La cappella era in origine dedicata a san Pietro. Nel corso del Seicento venne concessa in patronato al Consorzio degli Angeli Custodi. Nel 1608 papa Paolo V estese alla chiesa universale il loro culto e nel 1670 papa Clemente X ne fissò la festa il 2 ottobre. Il Consorzio commissionò la decorazione al pittore Tommaso Pombioli (Crema, 1579 – 1636 circa) che all’inizio del Seicento realizzò le quattro tele e gli affreschi della volta. Da sinistra in alto troviamo: l’Angelo chiede a Gedeone di distruggere l’altare di Baal e Agar e l’Angelo. A destra in alto: l’Angelo libera san Pietro dal carcere e l’Angelo distrugge l’esercito del re assiro Sennacherib. Nella volta a sinistra l’Angelo ispira il profeta Abacuc e a destra un Angelo getta un demone all’Inferno. Sull’altare si trova una statua lignea del Settecento raffigurante l’Angelo custode.

 

Cappella del Santissimo Crocifisso

Nel Cinquecento era di patronato della famiglia Vimercati, mentre nell’Ottocento vi subentrò il Consorzio degli Agonizzanti proveniente dalla soppressa chiesa di Santa Caterina. Da questa giungono anche il Crocifisso ligneo seicentesco e le due statue della Madonna e di San Giovanni forse cinquecentesche.

È probabile che l’antica pala con la Crocifissione – poi rimossa per collocarvi la statua – sia quella ora situata nella terza cappella a destra.

Le pareti e la volta sono ornate da affreschi dell’inizio del Seicento opera di Tommaso Pombioli (Crema, 1579 – 1636 circa). A sinistra Giona vomitato dal mostro marino e a destra il Sacrificio di Isacco. Nella volta all’interno degli ovali si osservano scene della passione di Cristo: il Bacio di Giuda, l‘Incoronazione di spine, la Caduta durante la salita al Calvario e Gesù spogliato delle vesti.

 

Cappella del Terz’ordine

In origine la cappella era dedicata ai santi Francesco e Girolamo. Nel 1904 venne distrutto l’altare per aprire una porta laterale e fu rimossa la pala opera di Stefano de Alberis (documentato a Crema nel 1546), oggi conservata nel Museo Civico di Crema e del Cremasco.

La cappella era amministrata dai terziari francescani, cioè dai membri di un’associazione di laici che vivevano secondo determinate regole ispirate alla vita francescana.

Gli affreschi della volta e delle pareti sono opera del pittore cremasco Gian Giacomo Barbelli (Offanengo, 1604 – Calcinato, 1656) e della sua bottega e risalgono alla metà del Seicento.

Sopra la porta troviamo l’Apparizione di Cristo e della Madonna a san Francesco. Ai lati, a sinistra: la Beata Margherita e Santa Elisabetta imperatrice romana. A destra: la Beata Giovanna e Santa Elisabetta d’Ungheria.

Sulla parete sinistra San Francesco libera le anime dal Purgatorio. Sulla parete destra in alto: la Tentazione di san Francesco e l’Apparizione della Madonna con il Bambino a san Francesco.

Nell’intradosso sinistro, partendo dall’alto troviamo: San Leo, San Corrado e il Beato Tommaso. Nel sottarco: Sant’Ivo, San Ludovico, Sant’Eleazzaro e San Rocco.

Nell’intradosso destro, dall’alto: San Riccardo, San Pietro e Sant’Omobono.

 

Cappella di San Pasquale Baylon e San Giovanni da Capestrano

In origine era dedicata ai Sette martiri francescani. Agli inizi del Settecento la famiglia Bondenti assunse il patronato della cappella e la dedicò ai Santi Giovanni da Capestrano e Pasquale Baylon, entrambi canonizzati nel 1690.

La pala sopra l’altare è opera del pittore veronese Martino Cignaroli (Verona, 1649 circa – Torino, 1726). Raffigura l’Apparizione dell’Immacolata Concezione a san Giovanni da Capestrano che regge un crocifisso e uno stendardo, mentre a San Pasquale Baylon appare l’eucarestia.

Gli affreschi della cappella sono opera firmata di Giovanni Galliari (+1722) che li realizzò verso il 1703. Sulla parete sinistra è raffigurato San Giovanni da Capestrano che offre una coppa alla Madonna, mentre sul lato sinistro è raffigurato San Pasquale Baylon in adorazione dell’eucarestia elevata in un’altra stanza.

 

Presbiterio e coro

Sulle pareti laterali sono collocate due grandi tele, provenienti dalla Cattedrale di Crema, dove si trovano ancora oggi altri dipinti del medesimo ciclo dedicato ai miracoli eucaristici. Sono state realizzate verso il 1680 dal cremasco Giovanni Battista Lucini (Vaiano Cremasco, 1639 – Crema 1686). Sulla sinistra vediamo raffigurato il Miracolo di Valencia, a destra il Miracolo di Torino.

Sulla parte destra del coro si trova l’Ultima Cena firmata dal pittore cremasco Giovanni Angelo Ferrario (Crema, 1581 – 1636 circa) e datata 1621. Durante l’ultimo intervento di restauro, sulla parte sinistra del coro sono stati rinvenuti due lacerti di affreschi raffiguranti dei Vescovi databili al secondo-terzo decennio del Cinquecento.

Degno di nota è il grande organo, posto al centro dell’abside. Costruito nel 1580 da Costanzo Antegnati, venne rimaneggiato nella seconda metà del Settecento, come denota la cassa neoclassica, e ancora nel 1884 da Pacifico Inzoli. L’ultimo restauro risale al 1994 a opera della Fabbrica Tamburini di Crema.

Cappella di San Filippo Neri

La cappella a partire dal Settecento fu dedicata a san Filippo Neri, mentre in origine era intitolata a san Giovanni Evangelista. La pala raffigura San Filippo Neri adorante la Madonna ed è copia, di ignoto autore, del dipinto di Guido Reni realizzato a Roma nel 1614.

 

Cappella dei Santi Bernardino da Feltre e Pietro d’Alcántara

La cappella è dedicata ai santi Bernardino da Feltre e Pietro d’Alcántara. I due santi sono protagonisti della bellissima pala d’altare di Giovanni Battista Lucini (Vaiano Cremasco, 1639 – Crema 1686), dove vengono ritratti in adorazione della croce, attorniati da diversi angeli reggenti un cartiglio dove è ricordato come san Bernardino da Feltre sia stato il fondatore dei Monti di Pietà.

Sulla parete sinistra si trova un’altra tela di Lucini, raffigurante Santa Rosa da Lima con il Bambino, proveniente dalla chiesa di San Domenico, ora adibita a teatro cittadino. A destra si può vedere un’interessante pala che mostra Santa Margherita da Cortona con due santi francescani, di autore ignoto del Settecento.

 

Cappella di Sant’Antonio da Padova

La cappella era anticamente dedicata alla Madonna. Ora va sotto il nome di sant’Antonio da Padova. Si tratta di una delle cappelle più sontuose della chiesa, con il suo ricco corredo di stucchi e tele risalenti alla metà del Seicento. Tutte le strutture architettoniche sono a stucco, come le parti decorative, diffuse su tutte le pareti. L’autore della parte plastica ha lasciato, sulle paraste all’ingresso della cappella, firma e data: Antonio Prandi, 1651. Allo stesso anno risale anche tutto l’apparato pittorico dell’ambiente, interamente realizzato da Gian Giacomo Barbelli (Offanengo, 1604 – Calcinato, 1656). I dipinti su tela e le parti ad affresco narrano le vicende del santo dedicatario. Sull’altare vediamo la pala raffigurante Sant’Antonio con Gesù Bambino, opera firmata e datata; sulla parete sinistra si trova la tela dal titolo Sant’Antonio guarisce una donna col suo cordone; su quella destra abbiamo Sant’Antonio che guarisce il bambino malato. Altri eventi miracolosi sono dipinti ad affresco nelle due lunette alla base della voltina, dove, fra gli angeli di stucco, stanno seduti quelli aggraziati ed eleganti dipinti da Barbelli. Sulla sinistra è raffigurato il miracolo operato in morte di Sant’Antonio che risuscita un bimbo annegato; sulla destra invece il famoso episodio di Sant’Antonio che riattacca la gamba a un giovane.

 

Cappella dell’Immacolata Concezione

Alla Vergine è ora dedicata questa cappella, sul cui altare è collocata una statua lignea dipinta di fattura settecentesca che rappresenta l’Immacolata Concezione. Il corredo di pitture sulle pareti, però, suggerisce un culto differente. Originariamente intitolata a san Giovanni Battista, la cappella è passata nel 1544 sotto il governo della Fraglia dei tessitori, i quali l’hanno dedicata a san Marco. Le tele narrano la storia dell’evangelista e sono state realizzate alla metà del Seicento, con uno sguardo al rinascimento veneziano, da Carlo Antonio Barbelli, figlio del più valente Gian Giacomo. Sulla sinistra abbiamo San Marco che predica ad Alessandria; sulla destra è rappresentata la Cattura di san Marco. In alto sono poste nelle lunette altre due tele: a sinistra è raffigurato San Pietro che detta il vangelo a Marco; a destra infine il Martirio di san Marco. Sull’altare si trovava una statua di bronzo raffigurante San Marco realizzata nel primo decennio del Seicento da Girolamo Bonino, ora perduta.

 

Cappella di San Giuseppe

Questa cappella ha subito alcuni cambiamenti di dedicazione, come mostra la convivenza di opere dalle diverse iconografie. Originariamente intitolata alla Beata Vergine, è stata dedicata nel Seicento a sant’Eligio, mentre ora è intitolata a san Giuseppe, culto trasferito qui nell’Ottocento. La cappella precedentemente dedicata al padre putativo di Gesù era la prima di destra, ora votata a sant’Eligio.

La pala di Gian Giacomo Barbelli (Offanengo, 1604 – Calcinato, 1656) con Sant’Eligio era quindi collocata in questa cappella, al posto della statua raffigurante San Giuseppe, di fattura ottocentesca. All’interno dell’apparato decorativo realizzato da Luigi Manini (Crema, 1848 – Brescia, 1936) nell’Ottocento, vediamo, sulla sinistra la tela raffigurante Sant’Eligio che distribuisce i beni ai poveri, sulla destra l’Adorazione dei Pastori, entrambe opere di Giovanni Brunelli (Verona, 1644/46 – Crema, 1722), attivo a Crema fra Seicento e Settecento. La seconda tela non faceva parte del ciclo della cappella dedicata al santo e non se ne conosce la provenienza originaria.

 

Cappella di San Diego d’Alcalà

La cappella era dedicata al santo a cui è intitolata la chiesa, san Bernardino. Dalla fine del Cinquecento viene invece qui celebrato san Diego d’Alcalà, santo dell’ordine Osservante, originario della Spagna e canonizzato nel 1588. La pala d’altare è di Aurelio Gatti detto il Sojaro (Cremona, 1556 – Piacenza, 1602). Il dipinto raffigura la Madonna con Bambino che appare a San Diego attorniati da uno stuolo di santi. A destra è posta una tela raffigurante l’Annunciazione del cremasco Tommaso Pombioli (Crema, 1579 – 1636 circa) dei primi anni del Seicento e di provenienza sconosciuta.

 

Cappella di San Bonaventura

La cappella è dedicata a san Bonaventura e vi domina il ricco altare barocco. Sopra di esso è posta la pala raffigurante la Madonna con il Bambino con san Bonaventura e san Francesco, realizzata da Tommaso Pombioli (Crema, 1579 – 1636 circa). Nella cappella è custodita una reliquia, il teschio di san Fermo, come testimonia la sigla posta sopra il tabernacolo.

 

Controfacciata

L’organo in origine non si trovava in questa chiesa, ma era nella controfacciata della Cattedrale di Crema. La cassa dello strumento e la cantoria furono realizzate dall’intagliatore Peranda di Caravaggio su incarico del Consorzio della Madonna della Misericordia fra il 1639 e il 1647. Nel 1729 la cantoria fu rifatta da Giovanni Bartolomeo e Giovanni Battista Savio che eseguirono dei lavori anche sulle sculture della cassa.

Durante le guerre napoleoniche fu privato di tutte le componenti interne che furono fuse per fabbricare armi. Ridotto ormai ad un involucro vuoto e muto, fra il 1913 e il 1916 in occasione del restauro della facciata della Cattedrale, fu rimosso e collocato in San Bernardino.

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Informazioni

Via Cesare Battisti, 2

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