Leonardo in città

Tutti gli itinerari

Tracce del genio di Vinci a Crema

Crema è una città ricca di cultura e storia che nei secoli ha ospitato personaggi illustri e ne ha subito l’influenza e il fascino. Anche Leonardo da Vinci (Anchiano, presso Vinci, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519), che non ha mai avuto un rapporto diretto con la città, è stato uno tra questi.
Molte però sono le personalità a lui legate che ebbero a che fare con il territorio cremasco, senza contare gli artisti che, pur non avendo conosciuto personalmente il toscano, furono profondamente influenzati dalle sue idee e arricchirono con le loro opere Crema e il territorio. Il plasticatore cremasco Agostino de Fondulis, per esempio, fu presente come testimone all’atto notarile (25 aprile 1483) con cui i minori conventuali di San Francesco Grande a Milano commissionarono a Leonardo la Vergine delle Rocce.
Il percorso che vi proponiamo sulle tracce di Leonardo da Vinci a Crema parte dalla Cattedrale.

 

Il Duomo

L’attuale edificio in forme gotiche lombarde fu costruito fra il 1284 e il 1341 su una chiesa preesistente. Nel corso dei secoli l’edificio ha subito numerose trasformazioni soprattutto all’interno che si è via via arricchito di cappelle, altari e opere d’arte. La maggior parte di questi fu rimossa durante i restauri degli anni 1952-59.

Nella chiesa si conservano ancora alcuni dipinti di epoca rinascimentale opera del pittore Vincenzo Civerchio (Crema, 1470 circa – 1544 circa): il polittico dei Santi Sebastiano, Rocco e Cristoforo (1519),

le ante d’organo raffiguranti l’Annunciazione (1523) e la grande pala dell’altar maggiore raffigurante l’Assunzione della Vergine (1530-40 circa) in parte ridipinta dal pittore cremasco Mauro Picenardi (Crema, 1735 – Bergamo, 1809). Merita inoltre attenzione la statua in marmo raffigurante San Nazaro (1475-80 circa), opera dello scultore Pietro Antonio Solari (Milano, 1455 circa – Mosca, 1492), proveniente dal Duomo di Milano e donata a Crema nel 1959 dal cardinal Giovanni Battista Montini, futuro papa Paolo VI.

 

Associazione Popolare Crema per il Territorio

L’attuale edificio che ospita il Banco BPM e la Associazione Popolare Crema per il Territorio fu costruito nel 1967-68 demolendo l’antico Palazzo di Ottaviano Vimercati che conservava al suo interno tre soffitti decorati con tavolette, realizzati in tre momenti diversi tra il 1480 e il 1500 circa. Queste tavolette sono ora entrate a far parte delle collezioni della stessa banca dove si segnala anche la presenza di un dipinto di Vincenzo Civerchio raffigurante la Natività databile attorno al 1500.

Santissima Trinità

L’edificio attuale fu ricostruito in forme barocchette fra il 1737 e il 1740 su un precedente edificio attestato fin dall’XI secolo.

All’interno si conserva il più importante esempio di scultura rinascimentale presente nel territorio cremasco: il Monumento funebre di Bartolino Terni (1518), opera dello scultore Lorenzo Bregno (Osteno, 1475/1485 circa – Venezia, 1523).

Palazzo Vimercati Sanseverino

Edificato a partire dal Quattrocento, come testimonia un soffitto con tavolette dipinte presente in un salone del piano nobile e raffigurante profili maschili e femminili, il palazzo appartenne a Sermone Vimercati, uomo di fiducia del duca Francesco II Sforza, che qui fu ospitato in fuga da Milano nel 1526. Sermone nel 1520 aveva sposato Ippolita Sanseverino, figlia di un generale del duca Galeazzo Maria Sforza, unendo al proprio cognome quello della moglie. La coppia compare citata in una novella licenziosa del domenicano Matteo Bandello (Castelnuovo Scrivia, 1484 circa – Bazens, 1561), priore del convento di San Domenico a Crema nel 1523, che ha per protagonisti una greca e un contadino. Il palazzo fu in seguito ampliato dal figlio di Sermone, Marcantonio, e completato dai nipoti Orazio e Ottaviano. Oggi si mostra in forme tardo cinquecentesche. Il prospetto principale, su via Benzoni, ha un monumentale portale con timpano ricurvo spezzato contenente lo stemma di famiglia. Le finestre del piano nobile sono ugualmente coronate da timpani spezzati con busti togati o armati all’antica. Oltre l’androne con volta unghiata si sviluppa il cortile, porticato su tre lati e connesso a un giardino confinante con l’ex chiesa di Santa Maddalena e Santo Spirito, di proprietà della famiglia dal 1830.

San Domenico

Il convento di San Domenico fu fondato nel 1332 da fra Venturino de Apibus da Bergamo in prossimità di una cappella dedicata a San Pietro Martire, donata all’ordine insieme ad alcune case di proprietà dei nobili De Mandoli. L’attuale edificio fu costruito tra il 1465 e il 1471 inglobando le absidi della chiesa trecentesca. Soppresso alla fine del Settecento, il complesso cambiò più volte destinazione e l’ex chiesa conventuale oggi ospita un teatro. La facciata dell’edifico, a capanna e tripartita verticalmente, mostra caratteri architettonici che sono debitori del modello del Duomo cittadino, con una galleria di archi retti da colonne che segue l’andamento dei due spioventi. In corrispondenza della campata centrale è una grande finestra circolare fiancheggiata da due bifore, che a sua volta sormonta un’altra galleria. L’interno è ad archi ogivali trasversi, impostati su semipilastri dotati di terminazione a tronco di cono al di sotto dei capitelli. Gli archi sono decorati con un motivo a opus scutulatum bianco e nero, forse riferimento ai colori dell’ordine.

L’antico refettorio ha nelle lunette tondi affrescati con i ritratti di Santi domenicani, opera di un pittore cremasco e databili attorno al 1505. Da questa chiesa proviene la tela raffigurante il Battesimo di Cristo (1539), opera di Vincenzo Civerchio, ora conservata nella Pinacoteca dell’Accademia Tadini di Lovere. Nel 1523 fu priore del convento lo scrittore di novelle Matteo Bandello (Castelnuovo Scrivia, 1484 circa – Bazens, 1561).

 

Santa Maddalena e Santo Spirito

La chiesa, edificata a partire dal 1511 circa dai frati di Santo Spirito accanto a un ospizio di fondazione duecentesca, è attribuita ad Agostino de Fondulis (Crema, 1460 circa – 1521 circa). Della struttura ospedaliera resta il chiostro quattrocentesco con pilastri ottagonali.

L’edificio chiesastico, interamente in laterizio, ha la facciata tripartita da semipilastri su alti piedistalli; incassi rettangolari contengono nicchie sormontate da oculi ciechi, secondo uno schema già utilizzato da De Fondulis in Santa Maria della Misericordia a Castelleone. Pregevoli sono alcuni dettagli in cotto, come le eleganti tabulae, le cornici delle porte e delle finestre, i capitelli del tipo detto con volute a ‘S’. Un alto timpano corona la facciata, riprendendone alcuni elementi decorativi e reinterpretandoli. Il fianco sinistro, libero, è scandito da semipilastri in continuità proporzionale con quelli della facciata. Anche il tiburio poligonale, visibile da via Buso, ha i lati arricchiti da decorazioni geometriche in terracotta. Acquistata nel 1830 dai conti Vimercati Sanseverino, la chiesa è ancora oggi di proprietà privata. Da qui proviene il Compianto di Agostino de Fondulis ora nella parrocchiale di Palazzo Pignano.

San Giacomo

L’attuale edificio fu costruito a partire dal 1512, ma fra il 1723 e il 1749 fu ampiamente rimaneggiato fino ad assumere l’attuale aspetto rococò. All’interno conserva una tela di Vincenzo Civerchio raffigurante il Battesimo di Cristo databile attorno al 1520.

Sant’Agostino

Il complesso, oggi sede del Museo Civico di Crema e del Cremasco, ospitò dal 1439 al 1797 il convento degli Eremitani osservanti. Sin dal 1422 il nobiluomo cremasco Tommaso Vimercati aveva destinato una parte della propria eredità agli Agostiniani per la costruzione di un convento e di una chiesa in città. I lavori furono avviati alla fine degli anni Trenta, quando a Crema giunse fra Gian Rocco Porzi, primo priore della comunità, cui spetta l’edificazione del chiostro settentrionale. Questo è caratterizzato da portici con archi a sesto acuto e vi si affaccia la sala capitolare, che presenta una caratteristica volta a ombrello ogivale costolonata. Il chiostro meridionale, più ampio, ha portici con archi sempre a sesto acuto. Vi è addossato il refettorio, affrescato entro il 1507 da Giovan Pietro da Cemmo (1450 circa – 1510 circa) con decorazioni che, per temi e iconografie, risentono della cultura figurativa milanese della fine del XV secolo e dei modelli mantegneschi di metà Quattrocento. In particolare l’Ultima cena riprende puntualmente le pose dei personaggi raffigurati da Leonardo da Vinci nel Cenacolo di Santa Maria delle Grazie a Milano.

Museo Civico di Crema e del Cremasco

Nel 1797 il convento di Sant’Agostino fu soppresso, nel 1811 fu demolita la cupola della chiesa e nel 1830 circa il resto dell’edificio sacro. I due chiostri furono adibiti a caserma e tale uso fu mantenuto fino al secondo dopoguerra quando la struttura ospitò famiglie di sfollati. Nel 1959 il complesso fu acquisito da Comune per ospitare il Museo Civico di Crema e del Cremasco inaugurato il 21 maggio 1960. Fra le opere conservate in Museo si segnalano la tavola raffigurante San Rocco, opera di un pittore ignoto fortemente influenzato dallo stile di Bernardo Zenale (Treviglio, 1463-68 circa – Milano, 1526) e Leonardo da Vinci;

i frammenti della predella del polittico in terracotta dell’altare di san Marco già nel Duomo di Crema, opera di Agostino de Fondulis, databili al 1513; una tavoletta da soffitto raffigurante un Ritratto maschile di profilo, databile al 1490-1510 circa, proveniente da Palazzo Benzoni (Crema, via Marazzi, 7), opera di un pittore lombardo dell’ambito di Bernardino de’ Conti (Castelseprio, 1470 – Pavia, 1523); una Madonna in terracotta opera di un plasticatore dell’Italia settentrionale, databile al 1495-1500 circa, proveniente da Santa Maria della Croce a Crema, cantiere diretto da Giovanni Battagio (Lodi, 1440 circa – 1500 circa).

Infine una tavola a forma di mandorla raffigurante San Francesco, opera del pittore cremasco Vincenzo Civerchio, datata 1505.

 

Palazzo Vimercati Zurla Barbàra

Il palazzo si mostra oggi in forme Sei-Settecentesche, esito dei restauri promossi dalla famiglia Zurla a partire dalla fine del XVII secolo. La fondazione dell’edifico risale però al Quattrocento ed è da riferire alla famiglia Vimercati: resti della primitiva costruzione sono visibili sia in facciata, dove è stata liberata una porzione di muratura con un frammento di stipite di XV secolo, sia nel cortile interno, dove le quattro arcate del portico sono decorate con formelle in terracotta che, seppur molto integrate, presentano tondi con rosette nei sottarchi, fregi con grifoni nelle ghiere e mensole con scudi in corrispondenza delle chiavi d’arco tipiche della produzione di Agostino de Fondulis.

Anche gli interni custodivano fino al secolo scorso testimonianze del tardo Quattrocento: dalle sale del piano nobile proviene infatti una serie di novantotto tavolette da soffitto, dipinte a tempera con busti maschili e femminili e motivi araldici, venduta nel 1947 e attualmente esposta nel Museo Poldi Pezzoli di Milano.

San Bernardino in città

La chiesa di San Bernardino in città fu edificata a partire dal 1518, nelle immediate adiacenze della piazza del Duomo, in sostituzione di un più antico convento dei Minori Osservanti situato fuori dalle mura, distrutto nel 1514 durante le guerre tra il Ducato di Milano e la Serenissima Repubblica di Venezia. La chiesa, già conclusa nel 1534, ha impianto a navata unica voltata, affiancata da cappelle, secondo una tipologia diffusasi in area lombarda nel corso della seconda metà del Quattrocento e nel primo Cinquecento, sebbene sia oggi difficile immaginare i dettagli architettonici originari dell’alzato, ridecorato in epoca posteriore. I casi come quello di Crema, ove troviamo volte a crociera sia sulla navata sia sulle cappelle, anziché volte a botte, sembrano rappresentare una commistione di culture tra i tradizionali semplici impianti ad archi trasversi, le tendenze antiquarie e l’ormai assai lontana eco di esperienze come Santa Maria presso San Satiro di Bramante a Milano e Sant’Andrea a Mantova di Leon Battista Alberti. All’interno si segnala sopra l’arco trionfale il dipinto raffigurante l’Annunciazione realizzato attorno al 1520 da Vincenzo Civerchio (Crema, 1470 circa – 1544 circa), molto ridipinto alla fine dell’Ottocento dallo scenografo Luigi Manini (Crema, 1848 – Brescia, 1936).

Santa Maria della Croce

L’origine del santuario fuori dalle mura della città si deve all’apparizione della Vergine a Caterina degli Uberti. Nell’aprile del 1490, sul far della sera, la giovane cremasca stava percorrendo la strada per Bergamo con il marito Bartolomeo Contaglio originario di quella città, quando l’uomo la aggredì con una spada lasciandola agonizzante in un bosco ai margini della strada. La donna invoco il soccorso della Madonna per non morire senza aver ricevuto i sacramenti. La Vergine, apparsa a Caterina, esaudì la sua richiesta permettendo che fosse soccorsa. Il mattino seguente la giovane fu portata in Crema dove morì dopo aver ricevuto da un sacerdote il conforto dei sacramenti. Sul luogo dell’apparizione, oggi ricompreso nella cripta, avvenne poi nel giorno di Santa Croce (3 maggio) il primo dei molti miracoli attestati.

Nell’agosto del 1490 fu avviata la costruzione dell’edificio, patrocinata dalle istituzioni cittadine. Il progetto fu affidato a Giovanni Battagio, già attivo presso l’Incoronata di Lodi e Santa Maria della Passione a Milano. Il nucleo centrale dell’edificio è di pianta ottagonale e si sviluppa in altezza mostrando l’uso del cosiddetto partito alla romana, ossia di semicolonne trabeate che inquadrano archi su pilastri, al quale si somma un secondo livello finestrato con bifore affiancate da colonne a candelabra e la volta a padiglione. Tutti i lati dell’ottagono sono sfondati da cappelle, che sugli assi ortogonali si configurano come ulteriori corpi centralizzati cruciformi aggregati al nucleo centrale e nettamente individuabili anche all’esterno. L’edificio, assai moderno per l’epoca, colpisce anche la fantasia di Leonardo, che disegna una chiesa di impianto simile nel Codice Atlantico (f. 547v). All’interno si segnalano il rilievo in terracotta raffigurante la Madonna col Bambino, replica seriale di una scultura in marmo attribuita ad Antonio Rossellino (Settignano, 1427/28 – Firenze, 1479/80) conservata all’Ermitage di San Pietroburgo e la pala dell’altar maggiore raffigurante l’Assunzione della Vergine, opera di Benedetto Diana (Venezia, 1460 – Venezia, 1525), databile attorno al 1501.

Informazioni

Inizio percorso piazza Duomo