I santuari del territorio

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Girando per le campagne cremasche potrete scoprire molti santuari dedicati al culto della Vergine Maria, veri e propri scrigni d’arte e testimonianze della fede. Vi proponiamo un percorso che si snoda attraverso il territorio limitrofo a Crema, partendo da Moscazzano a Castelleone, passando poi per il Marzale e giungendo fino a Izano, Sergnano e Pandino. Un tour per i più sportivi, da fare in bicicletta anche in diverse giornate.

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Partendo da Crema vi consigliamo di raggiungere Moscazzano, dove, appena fuori dal paese, incontrerete il santuario della Madonna dei Prati. La chiesa, dall’aspetto semplice, è completamente immersa nel verde della campagna, in un luogo di assoluta tranquillità. Secondo la tradizione, in un tempo non precisato dopo una piena dell’Adda fu ritrovata sulla riva del fiume una statua della Beata Vergine che fu soprannominata Madonna del Fango. Il simulacro fu venerato e, sicuramente sin dal Quattrocento, esisteva una piccola edicola nella quale era presente un’immagine della Madonna col Bambino. Alla fine del Cinquecento risalgono alcune notizie relative alla sua sistemazione, in cui si riporta che la chiesa non era ancora conclusa. L’aspetto attuale, con l’aggiunta del portico, risale alla fine dell’Ottocento. Dal 2009 il santuario è stato dedicato a ‘Maria Regina delle Famiglie’. Internamente, oltre alla già citata Madonna col Bambino quattrocentesca posta nel presbiterio, vi segnaliamo sull’altare l’affresco di un’altra Madonna col Bambino, un’opera di Eugenio Giuseppe Conti (Crema, 1842 – Milano, 1909).

Da qui, passando per Montodine, vi consigliamo di dirigervi a Castelleone, dove potrete visitare due santuari.

Sulla statale incontrerete il santuario di Santa Maria della Misericordia innalzato sul luogo di quattro apparizioni della Madonna a una contadina, Domenica Zanenga, nel 1511. Nel 1513 fu avviata la costruzione dell’edificio su progetto dell’architetto Agostino De Fondulis (Crema, 1460 circa – 1521 circa). Il complesso è completato dal convento, fatto costruire nel 1619 dagli agostiniani. La chiesa rispecchia la cultura rinascimentale del suo progettista, sia nelle forme architettoniche sia nella decorazione in cotto. Il santuario è organizzato con una pianta a croce latina che si conclude con tre absidi, la struttura è esternamente sormontata da un tiburio (sovrastruttura esterna che ricopre la superficie curva della cupola) di forma ottagonale. All’interno si segnalano i dipinti presenti nelle nicchie del tamburo raffiguranti i dodici Apostoli, probabile opera del pittore spagnolo Pedro Fernández (Murcia, 1480 circa – dopo il 1523) fortemente influenzato da Bartolomeo Suardi detto il Bramantino (Bergamo, 1465 circa – Milano, 1530).

Da qui, percorrendo un lungo viale alberato che attraversa il paese, spostandovi appena fuori dal centro abitato potrete ammirare lo splendido santuario di Santa Maria in Bressanoro. Le vicende dell’attuale chiesa sono strettamente intrecciate con quelle della famiglia milanese degli Sforza: fu, infatti, Bianca Maria Sforza che ne volle la costruzione nel 1461. In quegli anni alla corte ducale era stato accolto il portoghese Amedeo Menez de Silva, convertito al cattolicesimo, che grazie agli Sforza divenne sacerdote e ottenne il permesso di edificare un complesso per ospitare una piccola comunità religiosa. Il luogo fu scelto dalla duchessa che era solita recarsi a Castelleone in villeggiatura. La chiesa ha una pianta a croce greca. La parte centrale è sovrastata da una cupola ottagonale. L’architetto non è noto, ma è stato speso anche il nome di Filarete (Firenze, 1400 circa – Roma, 1469), attivo all’epoca presso la corte sforzesca. L’esterno è riccamente decorato con fregi in terracotta opera del plasticatore cremonese Rinaldo de Stauris (documentato dal 1450 al 1494). Entrando, vi stupirà la decorazione ad affresco, di tardo Quattrocento, che rappresenta le Storie della vita e della passione di Cristo. La statua della Madonna col Bambino, presente nel braccio destro della croce entro una teca di vetro, è opera dello scultore Sperandio Savelli (Mantova, 1431 circa – Venezia, 1504).

A questo punto, imboccando la strada che porta a Ripalta Arpina e proseguendo lungo il corso del Serio, è possibile raggiungere Santa Maria del Marzale. Il santuario è immerso nel Parco Regionale del Serio ed è circondato da alberi. Le notizie più antiche relative a quest’edificio risalgono al 1046, quando Vinizone dei conti di Rivoltella lasciava i propri beni per la costruzione di due chiese, una delle quali doveva essere proprio questa. Nel 1202 il santuario fece da sfondo alla ‘tregua del Marzale’ tra Cremaschi (alleati con i Milanesi) e Cremonesi. La chiesa ha una struttura particolare: sostanzialmente priva di facciata, è circondata su due lati da un portico. Al di sotto di esso, la parete esterna dell’edificio è decorata con alcune stazioni della Via crucis, le immagini della Madonna addolorata e di San Francesco di Tommaso Picenardi (XVIII secolo). Il campanile risale al Quattro-Cinquecento.

L’interno ha un’unica navata che termina con tre cappelle. L’altar maggiore è decorato con una Madonna del latte (XV secolo) qui trasferita in epoca barocca da una cappella laterale. Sulla parete a nord sono conservati alcuni affreschi ex voto risalenti al XIV-XV secolo. La parete meridionale è decorata con alcuni riquadri dipinti che riportano la data 1580. La Scala Santa scende verso la valle del Serio dove si trova una santella che ricorda il luogo in cui, secondo la tradizione, avvenne l’apparizione. La cappellina è decorata con la Beata Vergine Maria con la pastorella (alla quale apparve).

Da qui, dirigetevi verso Izano dove all’ingresso del paese vi imbatterete nel santuario della Beata Vergine della Pallavicina. Non è noto l’anno in cui avvenne l’apparizione miracolosa della Madonna che è all’origine del santuario. Secondo la tradizione la sera del 13 maggio la Vergine apparve a una ragazza che stava pregando in un luogo isolato fuori dal paese invitandola a recarsi dal parroco per esortarlo a costruire una chiesa in quel punto. Il sacerdote non le credette. Il giorno seguente, 14 maggio, la ragazza ritornò sul luogo dell’apparizione e ricette dalla Vergine un ramoscello secco da portare al parroco: l’arbusto sarebbe fiorito nelle sue mani come prova dell’autenticità dell’apparizione. La fanciulla avrebbe dovuto riportare alla Vergine un impegno scritto del sacerdote all’avvio dei lavori.

Non sappiamo quando fu costruito il primo oratorio né che aspetto avesse. L’attuale edificio fu iniziato attorno alla metà del XVI secolo in sostituzione di un precedente edificio ormai in rovina.

Risalgono a quest’epoca anche i dipinti dell’interno. Successivamente (XVII-XVIII secolo) furono aggiunte le cappelle sul fianco nord, mentre quelle a sud furono costruite nel Novecento. Nella prima cappella a sinistra si notino gli stucchi di Giovan Battista Artari (Arogno, 1664 – Cambridge?, 1730 circa) e la tela raffigurante San Carlo in preghiera, opera di Tommaso Pombioli (Crema, 1579 – 1636 circa). Gli altri dipinti con Episodi della vita di san Carlo, spettano a Giovanni Brunelli (Verona, 1644/46 – Crema, 1722). Nella cappella successiva, oltre al dipinto oggetto di devozione raffigurante la Madonna col Bambino, si conservano altre due tele di Pombioli con la Fuga in Egitto e l’Adorazione dei pastori.

L’abside presenta una complessa decorazione ad affresco risalente al Cinquecento, che è stata attribuita in parte al celebre pittore Aurelio Buso (Crema, 1505 circa – post 1582), operante con la sua bottega, in parte a un pittore ancora non identificato. Le cappelle laterali sono riccamente decorate con stucchi, dorature e affreschi barocchi.

Proseguendo in direzione nord è possibile raggiungere il santuario di Santa Maria in Cantuello a Ricengo. Non sappiamo con precisione quando fu costruita la prima chiesa, di cui restano visibili tracce di muratura nelle pareti esterne meridionali e settentrionali, ma gli studi più recenti ipotizzano una datazione al 1125-1150 circa. L’edificio attuale, che ricalca le dimensioni di quello medievale, fu probabilmente costruito all’inizio del Seicento inglobando parte delle murature medievali. Anche l’origine del nome ‘Cantuello’ non è chiara. È stato ipotizzato che sia collegato alla località in cui sorgeva la chiesa, probabilmente su una ripa o un terrapieno ‘cautes’ in latino. Un’altra ipotesi è collegata al nome ‘Santa Maria del Capitello’, che riecheggia la dicitura usata per descrivere il luogo riportata nelle visite pastorali della prima metà del XVIII secolo. La chiesa, trovandosi in un luogo piuttosto isolato, nel corso dei secoli fu utilizzata in più occasioni come lazzaretto durante le epidemie di peste o colera. L’ultima volta in cui ciò avvenne fu durante l’epidemia di colera del 1873.

L’esterno si presenta piuttosto semplice privo di qualsiasi tipo di ornamento. In passato di fronte alla facciata doveva esserci un piccolo portico smantellato successivamente. Sopra la porta d’ingresso è collocato un affresco risalente a fine Quattro – inizio Cinquecento. Si tratta di una Madonna della Sapienza, la Vergine, vestita con un manto rosso e un abito di un prezioso broccato, è seduta su un trono e tiene nella mano destra il libro della Sapienza, seduto sulle sue ginocchia è raffigurato il Bambino benedicente. Il rinvenimento del dipinto è avvenuto durante i restauri del 2013, grazie alla caduta accidentale dell’intonaco che lo ricopriva. Nel XVII secolo il dipinto era stato coperto con un altro raffigurante la Madonna del Rosario, opera di Gian Giacomo Barbelli (Offanengo, 1604 – Calcinato, 1656), in seguito deperitosi fino a scomparire del tutto.

All’interno la chiesa ha un’unica navata terminante con il presbiterio. L’aula è molto semplice e reca le decorazioni in stucco frutto dei rifacimenti del XVII secolo.
Ciò che impreziosisce l’interno sono i molti affreschi di periodi differenti, collocabili tra il XV e il XVI secolo, che si conservano lungo le pareti. Molte sono le rappresentazioni di Madonne con Bambino. Sulla parete destra una di queste pitture riporta la data 22 giugno 1474. Raffigura una Madonna del latte, assisa su un trono, vestita con un mantello azzurro e intenta ad allattare il Bambino. Sulla parte sinistra si apre l’unica cappella presente nella chiesa, dedicata all’Angelo Custode. È abbellita da angeli e decorazioni in stucco.

Proseguendo verso Sergnano potrete raggiungere il santuario della Beata Vergine del Binengo. La prima attestazione di un edificio risale al 1415. Il santuario è legato alla leggendaria vicenda del ritrovamento nel fiume della statua policroma della Madonna (conservata all’interno), ma anche all’apparizione della Vergine a una pastorella. La struttura come appare ai nostri giorni è frutto di lavori risalenti al XVI secolo. L’interno conserva un ciclo di affreschi risalente alla fine del XVI e l’inizio del XVII attribuito alla scuola di Aurelio Buso. La statua della Madonna col Bambino è opera del ‘maestro della Madonna del topo’. Si tratta di un artista attivo fra 1460 e 1500 circa, di cui non è nota l’identità anagrafica che deve il suo bizzarro nome a una scultura conservata a Milano al Museo Bagatti Valsecchi.

Il percorso termina a Pandino con il santuario della Madonna del Riposo. L’edificio attuale è stato consacrato nel 1997 e ospita la statua lignea della Madonna del riposo risalente al Quattrocento. Nel 1432 infatti la Madonna apparve a un abitante di Pandino e sul luogo dell’apparizione fu costruita una semplice cappella che nel corso del tempo fu ampliata fino a diventare una chiesa a navata unica con affreschi di numerose figure di santi di epoche diverse. Dopo la soppressione nella seconda metà del Settecento l’edificio divenne un cascinale e in seguito a questo mutamento subì un inesorabile e prevedibile declino. Oggi ne restano pochi resti, soprattutto buona parte del lato nord con alcuni dipinti che si sono salvati.

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Inizio itinerario Moscazzano

Santuario della Madonna dei Prati